Alla chiusura dei saldi invernali, avvenuta il 1° marzo, emerge un quadro critico per il commercio torinese e provinciale. Sette commercianti su dieci hanno registrato un declino nelle vendite rispetto all’anno precedente, secondo i risultati di un’indagine condotta da Confesercenti fra gli operatori del settore.
Nel contesto torinese, il volume delle vendite ha subito una flessione del 15% nelle zone centrali e addirittura del 20% in periferia. Micaela Caudana, presidente di Fismo-Confesercenti, ha commentato questa tendenza, sottolineando come il calo non sia stato una sorpresa, con le vendite che, eccezion fatta per i primi giorni soddisfacenti, sono rimaste stagnanti per il resto del periodo. Le condizioni meteorologiche particolarmente miti e le sfide economiche delle famiglie sono state indicate come i principali fattori negativi.
Durante i primi quindici giorni dei saldi, il valore medio degli acquisti è rimasto in linea con le previsioni (130 euro); successivamente, si è attestato al di sotto dei cento euro, principalmente a causa della mancanza di interesse per gli indumenti pesanti, quali cappotti e giacconi, a causa delle temperature miti. Invece, i consumatori hanno preferito orientarsi verso capi più leggeri come magliette, camicie e scarpe.
Inoltre, i commercianti hanno criticato il persistente ricorso agli sconti e alle promozioni nel settore dell’abbigliamento, senza una regolamentazione efficace. Tale pratica, secondo le stime di Fismo-Confesercenti, porta via ai negozi del Piemonte oltre 250 milioni di euro l’anno.
La ridotta liquidità a disposizione dei commercianti ha influito anche sugli acquisti futuri, con una diminuzione degli ordini per la prossima stagione, evidenziando un calo superiore al 10%, secondo gli agenti di commercio della Fiarc-Confesercenti.
Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti, ha concluso riflettendo sull’andamento critico del settore, sottolineando come i saldi rappresentino solo uno degli indicatori della crisi in atto, con una costante diminuzione dei negozi di abbigliamento negli ultimi dieci anni. Tale fenomeno, secondo Banchieri, ha subito un’accelerazione nel 2023, con quattro imprese che hanno cessato l’attività per ogni nuova impresa fondata.