Sara Martinelli: “La stimolazione psicomotoria a supporto del Disturbo del Linguaggio nei bambini”

Sara Martinelli

Disturbo del Linguaggio, linguaggio a lenta emergenza, parlatore tardivo: ecco alcuni dei termini che angosciano i genitori di bambini che presentano difficoltà nel parlare durante i primi anni di vita. Ma quando occorre davvero prendere in considerazione la questione?

“Bisogna innanzitutto precisare che lo sviluppo del linguaggio nel bambino presenta una grande variabilità individuale, dovuta a fattori di natura biologica, psicologica ed ambientale. Esistono comunque degli indicatori, nelle tappe dello sviluppo del linguaggio, che lo caratterizzano: l’età di 36 mesi costituisce una sorta di spartiacque tra i bambini definiti ‘late talkers’, o parlatori tardivi, e i bambini con un probabile Disturbo del Linguaggio”, ma ci sono dei segnali anticipatori che possono indicare ai genitori, possibili campanelli d’allarme spiega Sara Martinelli, Psicomotricista Funzionale ed Educatrice Professionale Socio Pedagogica di Terni.  “Verso i 6/7 mesi i bambini producono sequenze di consonante-vocale molto simili alle sillabe “ma ma ma, pa pa pa” (lallazione canonica) e verso i 10/12 mesi sono in grado di produrre sequenze di sillabe molto più complesse “ma ta pa, pa ta ca” (lallazione variata). L’assenza di questa tappa, per esempio, è individuata come indice di rischio per un eventuale ritardo e/o disturbo di linguaggio. Intorno al primo anno di età avviene il momento tanto atteso: le prime parole accompagnate dai primi gesti Intenzionali con i quali il bambino dimostra di saper usare un simbolo non verbale per descrivere una realtà significata. Lo sviluppo gestuale è un indice molto predittivo del successivo sviluppo linguistico e l’assenza di questi gesti è un altro fattore considerato come indice di rischio. Qui inizia lo sviluppo lessicale che procede fino ai 18 mesi, in cui l’ampiezza del vocabolario si aggira intorno alle 50 parole. Subito dopo, dai 17 ai 24 mesi, inizia lo sviluppo sintattico in cui il bambino diventa capace di usare il linguaggio per rispondere e fare domande, per fare dei commenti e richieste.

Laureata come Educatore Professionale e con una formazione professionale in Psicomotoria Funzionale e relativa iscrizione all’ASPIF (Associazione Psicomotricisti Funzionali), Sara Martinelli, attraverso un metodo globale, affianca e supporta bambini, adolescenti, adulti ed anziani nel superamento delle difficoltà corporee, cognitive ed affettive.

“Quindi – spiega Sara Martinelli – gli indicatori di un possibile Disturbo del Linguaggio sono: la Mancanza di schemi d’azione sugli oggetti, per esempio usare il cucchiaino per mangiare, una ridotta presenza del ‘Gioco simbolico’, che compare intorno ai 24/30 mesi quando il bambino gioca al ‘far finta di..’. Un vocabolario ridotto e quindi, ricordandoci le tappe che abbiamo visto prima, meno di 20 parole a 18 mesi o meno di 50 parole a 24 mesi, l’assenza dei gesti deittici, in particolare il gesto di indicazione, e ritardo nella combinazione gesto-parola. Ancora, Otiti ricorrenti, soprattutto nei primi due anni di età, che possono abbassare la soglia di discriminazione dei suoni, soprattutto quelli che si differenziano per un solo tratto (p/b – t/d). Difficoltà nella comprensione di ordini semplici dopo i 24 mesi ed il persistere di un eloquio incomprensibile dopo i tre anni”.

L’intervento psicomotorio, in questo contesto, è un intervento educativo-preventivo volto a sollecitare l’abilità linguistica attraverso la relazione terapista-bambino e il gioco simbolico, può essere di aiuto e supporto allo sviluppo della competenza linguistica.

“La prima forma di linguaggio che un bambino apprende è corporea. Su di essa si strutturano abilità sempre più complesse che portano alla conquista della parola. Nei casi in cui venga accertato il Disturbo del Linguaggio, la psicomotricità funzionale, grazie al rapporto individuale educatore-bambino, favorisce la relazione e la socialità, per mezzo di giochi volti alla stimolazione dell’imitazione, al rispetto dei turni e dei tempi di attesa”, prosegue Sara Martinelli. “Il connubio tra movimento e gioco consente di lavorare su diverse aree di sviluppo che facilitano e stimolano la competenza linguistica. Il compito della Psicomotricista è quello di fornire al bambino un contesto adeguato, accogliente e stimolante – sottolinea – con oggetti di vita quotidiana da utilizzare in modo convenzionale ma, soprattutto, deve saperlo guidare in modo naturale e senza forzarlo, rispettando i suoi tempi di elaborazione e di ristrutturazione dei movimenti e del pensiero logico, senza anticiparlo né correggerlo ma lasciandolo libero di sperimentare. Inoltre è opportuno che anche i genitori e chi si occupa del piccolo, vengano coinvolti nel percorso, affinché possano infondergli la sicurezza e l’amore di cui ha bisogno, entrando in sintonia con lui”.

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