Prima la pandemia poi tutte le altre crisi che si stanno affilando una dietro l’altra e che hanno determinato delle flessioni in alcuni settori,. In Toscana a soffrire è la camperistica che ha vinto volatilizzare oltre duecentocinquanta posti di lavorio nell’intero territorio regionale, un numero che significa il 10% dell’intera occupazione. Va anche valutato che di questi 255 che hanno perso il lavoro solo 185 hanno il diritto di priorità di richiamo e stabilizzazione per accordo sindacale, mentre i rimanenti 70 sono fuori in balia dell’incertezza delle forniture degli chassis.
A questo quadro va aggiunto che i contratti precari, temporaneamente rinnovati, sono a tutti gli effetti strutturali alla tenuta minima del distretto ma con nessuna certezza per il futuro.
Poco importa se una parte anche residuale di quel segno meno è dovuto a pensionamenti o dimissioni volontarie, sta di fatto che la Camperistica, per effetto della mancanza di materie prime e la difficoltà di fornitura da parte delle case costruttrici di chassis, attualmente arretra in termini di occupazione e capacità produttiva, e non avanza in termini di diritti e tutele per la forza lavoro non utile nel picco di produzione ma nella sua strutturalità produttiva attuale, che è indispensabile alla tenuta stessa del sistema.
Quando per primi, mesi fa, chiedemmo un percorso unitario a FIM CISL e UILM UIL con la necessità di una presa di responsabilità del governo e delle istituzioni regionali e locali, era proprio perché si evitasse che la crisi venisse pagata dai più deboli come purtroppo sta accadendo nel settore.
Riteniamo necessario, in coerenza con il documento unitario prodotto insieme a FIM CISL Toscana e UILM UIL Toscana, chiedere un tavolo all’unità di crisi regionale che riguardi tutti gli attori, dalle istituzioni alle organizzazioni sindacali, ai produttori e le loro associazioni come l’APC, perché la situazione sembra non destinata a migliorare a breve tempo e tutti abbiamo l’obbligo e la responsabilità di mettere in campo azioni e soluzioni che premettano di tutelare il settore, la sua capacità produttiva e il futuro di chi ci lavora e lo dobbiamo fare partendo dai più deboli, solo cosi possiamo essere sicuri di difendere tutti.
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