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Falso agroalimentare Made in Italy: vale 120 miliardi Prandini, presidente di Coldiretti: “Ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300mila posti di lavoro in Italia”

di Alessandro Pignatelli
14/06/2022
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Continua a salire e ora raggiunge i 120 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo, anche sulla spinta della guerra e di sanzioni ed embarghi. L’allarme è di Coldiretti e Filiera Italia all’inaugurazione del Summer Fancy Food 2022, fiera mondiale dedicata alle specialità alimentari di New York.

Al Padiglione Italia, insieme ad Ice, si può vedere una mostra in cui vengono messi a confronto i prodotti del Made in Italy e le imitazioni, così come la differenza tra i piatti della tradizione italiana e quelli storpiati con prodotti farlocchi e ricette improponibili. Il cosiddetto Italian sounding fa sì che due prodotti agroalimentari italiani su tre, nel mondo, siano falsi.

Coldiretti fa anche la classifica dei prodotti più imitati: al primo posto ci sono formaggi come il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, con le copie che hanno superato gli originali (parmesao brasiliano, reggianito argentino, parmesan). Imitato anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago e la Fontina. Tra i salumi, i più clonati sono Parma e San Daniele, mortadella Bologna, salame cacciatore. E ancora: gli extravergine di oliva, le conserve di pomodoro San Marzano.

E i vini? Chianti e Prosecco, con quest’ultimo che è anche il più imitato nel mondo. Troviamo infatti il Meer-Secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova. In Brasile diversi produttori continuano a rivendicare il diritto a usare la denominazione prosecco per via dell’accordo tra Unione Europea e i Paesi del Mercosur. Situazione, questa, che potrebbe peggiorare se l’Ue dovesse dire sì al riconoscimento del Prosek croato.

Tra i principali taroccatori del Made in Italy ci sono i paesi più ricchi, a partire dagli Stati Uniti dove il valore dell’Italian sounding tocca i 40 miliardi di euro. Il 90 per cento dei formaggi di tipo italiano in Usa sono realizzati in realtà in Wisconsin, California e New York: troviamo Parmesan, Romano senza latte di pecora, Asiago, Gorgonzola e Fontiago (mix tra Asiago e Fontina). Nel 2021 il quantitativo di formaggi italiani imitati negli States ha toccato il record di oltre 2,6 miliardi di chili. Superando anche la produzione di formaggi americani con Cheddar, Colby, Monterrey e Jack (pari a 2,5 milioni di chili nello stesso periodo). Il problema riguarda anche l’olio Pompeian made in Usa, i salumi principali (Parma, San Daniele, salame Milano e mortadella Bologna prodotti in America).

Il falso dilaga anche in Russia a causa delle sanzioni dovute alla guerra in Ucraina e al conseguente embargo di Putin ai prodotti agroalimentari occidentali. Anche qui troviamo Parmesan, mozzarelle e salame Milano. Dagli Urali alla regione di Sverdlovsk, sono nate industrie che lavorano latte e carne per coprire il fabbisogno che una volta veniva soddisfatto dai prodotti del Belpaese. Anche nei ristoranti italiani ormai si fa uso di prodotti tarocchi.

“Il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore con un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300mila posti di lavoro in Italia”.

Tags: CDELOCALColdirettiFiliera ItaliaItalian soundingmade in ItalyProdotti agroalimentari
Alessandro Pignatelli

Alessandro Pignatelli

Giornalista professionista e scrittore, amante della carta stampata come del mondo digitale. Ho lavorato per agenzie stampa e siti internet, imparando nel mio percorso professionale a essere tempestivo, preciso, ma anche ad approfondire con vere e proprie inchieste. Con i new media e i social, ho inserito nel mio curriculum anche concetti come SEO, keyword, motori di ricerca, posizionamento.

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