Con l’inizio della nuova stagione si apre una nuova polemica: quella tra i ristoratori e gli organizzatori di sagre, quest’ultime accusate di essere occasioni di concorrenza impari per un settore già provato da pandemia e guerra. Paolo Ercolani, ristoratore di Spello alla guida della categoria di Cna Turismo Umbria, ha lanciato un appello alla regione: “dopo due anni difficilissimi che hanno ridotto drasticamente i nostri fatturati, e di fronte alla nuova emergenza rappresentata dai rincari di energia e materie prime, ci manca solo la ripresa delle sagre di paese in assenza di regole chiare e stringenti per dare il colpo di grazia alle imprese della ristorazione che rappresentano un presidio fondamentale dell’enogastronomia umbra di qualità”.
Per Ercolani, palazzo Donini deve fare una valutazione molto attenta delle scelte sul fronte della disciplina delle sagre e delle feste popolari, che “in alcuni territori diventano un competitor ulteriore senza però concorrere in condizioni di parità, sia per quanto riguarda i costi generali di esercizio, sia in termini di qualità. E se questo ha sempre costituito un problema, a maggior ragione lo rappresenta oggi, dopo lo tsunami sanitario ed economico che ha investito il nostro come altri settori. Aggiungiamoci i forti rincari energetici e delle materie prime, che aumentano le nostre spese e al tempo stesso contraggono i consumi e le capacità di spesa delle famiglie”. C’è poi la questione della tassazione locale, dalla fine dell’esenzione relativa alla Tosap per coloro che hanno ampliato le superfici esterne per ospitare la clientela in condizioni di sicurezza, al passaggio alla Taric.
Ercolani ricorda poi che il cibo e la sua filiera sono un fattore caratterizzante dell’identità dell’Umbria, visto che oltre il 50% dei turisti che scelgono la nostra regione lo fanno per l’offerta enogastronomica. “La valorizzazione di eccellenze umbre quali la norcineria, l’olio, il cioccolato, il tartufo, la birra, il miele è strategica per una regione autentica, in cui le produzioni locali sono sinonimo di genuinità, qualità, sostenibilità e sono il risultato di una lunga e sapiente tradizione delle imprese della filiera agroalimentare. La Regione deve valutare bene chi debba presentare e rappresentare l’offerta enogastronomica umbra, perché il brand Umbria si costruisce anche ai tavoli dei nostri ristoranti”.