La decisione dell’Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole ha fatto precipitare ulteriormente la situazione del comparto agroalimentare italiano. Nel Belpaese è a ormai a rischio un allevamento su quattro perché gli animali si nutrono di mais importato principalmente da Ungheria e Ucraina, che hanno di fatto bloccato le spedizioni. A l’allarme è la Coldiretti, che denuncia il comportamento irresponsabile dell’Ungheria che ha bloccato anche l’export di grano, segale, orzo, avena, semi di soia e di girasole fino al 22 maggio. “È stata notificata a Bruxelles una decisione che compromette il mercato unico e mina le fondamenta dell’Unione” afferma Prandini che sollecita un intervento della Commissione in merito.
Nel 2021, in Italia sono arrivati ben 1,6 miliardi di chili di mais dall’Ungheria e altri 0,65 miliardi di chili dall’Ucraina, per un totale che rasenta la metà delle importazioni totali dell’Italia. “Siamo di fronte ad una nuova fase della crisi, dopo l’impennata dei prezzi arriva il rischio concreto di non riuscire a garantire l’alimentazione del bestiame” avverte Prandini che sottolinea come ci siano da salvare 8,5 milioni di maiali, 6,4 milioni di bovini e oltre 6 milioni di pecore.
L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti dalle industrie agli agricoltori. Questi ultimi hanno dovuto ridurre di un terzo la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni, periodo nel quale è scomparso quasi mezzo milione di ettari coltivati a grano, circa il 20%. Molte industrie hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anziché rifornirsi di prodotto nazionale. Quest’anno sono in Italia i costi delle semine sono raddoppiati per i rincari di gasolio, mezzi agricoli, fitosanitari e fertilizzanti.
Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, un valore insostenibile per gli allevatori. L’effetto è stato la chiusura di oltre 120 stalle solo in Puglia, con le imprese di allevamento da latte allo stremo, per cui Coldiretti Puglia chiede alla Regione un intervento concreto di sostegno. “In Italia bisogna agire subito – continua Coldiretti – facendo di tutto per non far chiudere le aziende agricole e gli allevamenti sopravvissuti con lo sblocco di 1,2 miliardi per i contratti di filiera già stanziati nel Pnrr, ma anche incentivando le operazioni di rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni e fermando le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali”.