Domani 8 marzo si festeggia la donna, ma in Umbria stando agli ultimi dati c’è ben poco da festeggiare. In Umbria le imprese in “rosa”, cioè gestite da donne, a dicembre 2021 sono 5.404, in calo rispetto alle 5.456 del 2020 e alle 5.473 del 2019. Un vero e proprio sgretolamento del tessuto imprenditoriale agricolo le cui ragioni sono molteplici e ancora non del tutto chiare. Intanto il numero complessivo di aziende agricole complessive continua a salire, dalle 11.140 del 2019 a 11.180 nel 2020 fino alle 16.549 nel 2021, un saldo di +5.369.
E a livello nazionale? Negli ultimi anni in Italia l’agricoltura è cresciuta arrivando nel 2021 a quasi 207.000 imprese, ma le donne possiedono solo il 21% della superficie coltivata e la dimensione delle loro imprese, circa 8 ettari, è inferiore alla media generale. Il volume di produzione delle imprese femminili, inoltre, è in media di 16.000 Euro contro i 30.000 delle maschili. Le difficoltà economiche delle produttrici non le hanno distolte dai drammi che sta vivendo l’Europa e, anzi, le imprenditrici hanno colto l’occasione delle celebrazioni dell’8 marzo per manifestare solidarietà alle donne ucraine in fuga dalla guerra.
Secondo Veronica Lazzara, neo presidente Donne in campo Cia Umbria, “il gap di genere è dovuto anche alla pandemia da Covid che ha costretto molte lavoratrici a rinunciare al proprio lavoro, chiedendo un’aspettativa per occuparsi dei figli e della famiglia. A poco sono serviti gli ammortizzatori sociali previsti dal Governo centrale e dalla Regione Umbria, per chi ne ha potuto usufruire”.
Secondo Pina Terenzi, presidente nazionale Donne in Campo Cia, lo strumento migliore è il Fondo Più Impresa di Ismea che ha esteso alle imprese femminili le agevolazioni previste per i giovani imprenditori agricoli. Più precisamente, si parla di contributi a fondo perduto fino al 35% delle spese ammissibili e un mutuo a tasso zero per la restante parte, nei limiti del 60% dell’investimento. “Purtroppo dobbiamo constatare che dal fondo di 400milioni previsto nel PNRR per l’imprenditoria femminile restano escluse proprio le duecentomila produttrici agricole italiane”, dice Terenzi. Per questo la Cia ha incontrato il Ministro Patuanelli chiedendo di integrare il Fondo con una parte di quelle risorse, non essendo in tempo per modificare il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza.