Il prezzo del grano ha raggiunto il livello record da 14 anni, con un valore di 33,3 centesimi al chilo: non si vedeva dal 2008. Su valori alti anche le quotazioni di mais e soia, indispensabili per l’alimentazione degli animali. Sono però in netto calo le quotazioni del grano pugliese, che ha perso 2 euro al quintale. Emerge dall’analisi di Coldiretti Puglia.
I prezzi volano a causa della guerra che impazza sul Mar Nero, in Ucraina, Stato che insieme alla Russia rappresenta un terzo del commercio mondiale di grano (29 per cento), ma anche il 19 per cento del mais e l’80 per cento delle esportazioni di olio di girasole.
“Gli agricoltori per una giusta remunerazione del proprio lavoro sono pronti ad aumentare la produzione di grano duro dove è vietato l’uso del glifosate in preraccolta, a differenza di quanto avviene in Canada ed in altri Paesi. Improbabili e dannosi per il tessuto economico del territorio percorsi di abbandono e depauperamento dell’attività cerealicola che deve, invece, specializzarsi, puntare sull’aggregazione, essere sostenuta da servizi adeguati e tendere ad una sempre più alta qualità, scommettendo esclusivamente su varietà pregiate, riconosciute ormai a livello mondiale”, ribadisce Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
L’Italia è obbligata a importare materie prime agricole per i bassi compensi riconosciuti agli agricoltori, costretti così a ridurre di quasi un terzo la produzione nazionale di mais nell’ultimo decennio, periodo durante il quale è sparito anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati. In Puglia, quest’anno, sono raddoppiati i costi per le semine per produrre grano.
“Nonostante questo il grano duro italiano – sottolinea la Coldiretti regionale – è pagato agli agricoltori nazionali meno di quello proveniente dall’estero da Paesi come il Canada dove è coltivato peraltro con l’uso del diserbante chimico glifosato in preraccolta, vietato in Italia. La Puglia che è già il principale produttore italiano di grano duro, con 343.300 ettari coltivati e 9.430.000 quintali prodotto ed era paradossalmente – denuncia Coldiretti Puglia – anche quello che ne importa di più, tanto da rappresentare un quarto del totale del valore degli arrivi di prodotti agroalimentari nella regione.
“Nella sola provincia di Foggia la superficie coltivata a frumento duro è pari a 240.000 ettari e una produzione media di grano duro di 7.200.000 quintali. Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy – insiste Coldiretti Puglia – mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%”.
L’aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse – sottolinea Coldiretti Puglia – ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori.
“Per fermare le speculazioni a livello internazionale e garantire la disponibilità del grano – continua la Coldiretti – occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. Ci sono le condizioni per incrementare la produzione in Italia dove – precisa la Coldiretti – secondo l’Istat si stimano 500.596 ettari seminati a grano tenero per il pane, con un incremento dello 0,5% mentre la superficie del grano duro risulta in leggera flessione dell’1,4% per un totale di 1.211.304 ettari, anche se su questa prima analisi pesano i ritardi delle semine per le avverse condizioni climatiche che potrebbero portare a rivedere il dato”.