Il Governo è andato avanti sulla sua strada per le concessioni balneari, che secondo la legge delega scadranno il 31 dicembre 2023. “Dopo di che saremo tutti abusivi” spiega Sabina Cardinali, presidente nazionale di Cna Balneari. C’è molta delusione in tutti gli operatori, anche se resta una speranza: “La legge del Governo deve essere approvata in Parlamento. Vedremo se ci saranno modifiche o passerà così com’è. Noi confidiamo nel Parlamento, sovrano in Italia, che ci stia vicino, così come abbiamo avuto tante manifestazioni di vicinanza da parte di molte forze politiche. Speriamo si traducano in modifiche al provvedimento portato avanti dal Governo. Se così non fosse, l’unica strada è il ricorso alla settima sezione del Consiglio di Stato, cosa che faremo e ci stiamo attrezzando in merito. Ma anche cosa che bloccherebbe i tribunali e, in generale, la giustizia del nostro Paese”.
Cardinali ammette: “E’ stata una bella mazzata dal lato morale perché ci siamo impegnati nel produrre ampie giustificazioni giuridiche sulla Bolkenstein. In questi anni ci sono stati tanti rinvii perché la politica non ha mai dato segnali concreti, non certo per il lavoro dei balneari, che non è mai mancato. Ogni Governo ha rinviato a quello successivo, tranne quello Conte che aveva prodotto un inizio della soluzione, con un periodo provvisorio in attesa della riforma, mai messa nera su bianco dall’esecutivo successivo”. C’è “delusione perché, dopo tanto impegno con un tavolo tecnico tuttora aperto, è arrivato un provvedimento che non tiene conto di nulla di ciò che è stato detto”.
Perché il Governo ha agito così? “Ci sono venuti i pensieri più cattivi e perversi sulla decisione. E ci stanno sopraffacendo. Lasciar morire così 30 mila micro imprese, il cuore pulsante del nostro Paese e del turismo balneare che ci contraddistingue in tutto il mondo, a favore di chi? Delle multinazionali, dei fondi d’investimento stranieri. Questo è un provvedimento che non produrrà né occupazione né equa competizione sul mercato del lavoro, lo drogherà e procurerà agguerrita competizione tra i lavoratori stessi. In più, queste imprese finora hanno investito, hanno basato il loro lavoro sulle concessioni del Governo italiano e ora, in due anni, vogliono stravolgere tutto: ci sembra assurdo”.
La legge Centinaio del 2018 aveva prorogato i termini fino al 2033: “Poteva essere un equo periodo per discutere di riforme, anche per ammortizzare gli investimenti fatti. Ora abbiamo un anno e mezzo soltanto, una cosa che ci rende sbalorditi. Naturalmente, le imprese non metteranno più neanche un euro, nessuno investirà. Ma bisognerebbe ricordare che ci sono persone che hanno fatto stabilimenti nuovi uno, due o tre anni fa, spendendo centinaia di migliaia di euro, e le nostre imprese non hanno fatturati che permettono di rientrare in così poco tempo”. Sabina Cardinali se la prende anche con i media: “Ci sembra assurda la campagna mediatica di tv e giornali dove si parla di non accesso alle spiagge, di costruzioni abusive: se c’è chi non è in regola, lo Stato deve intervenire qui e non nelle altre migliaia di situazioni regolari e autorizzate dallo Stato stesso. Il 99 per cento dei balneari ha comportamenti virtuosi”.
“E’ molto triste che a parole la politica sia vicina, ma che nel provvedimento del Governo poi non ci siano tutele alle imprese esistenti. Ci dovranno essere diversi decreti attuativi ora, che complicheranno ulteriormente la questione invece di semplificarla. Aggiungo che nel provvedimento ci sono termini difficili da comprendere, non obiettivi, come la giusta pubblicità degli atti e l’equo risarcimento. Ma equo per chi? Per chi acquista? Per chi vende?”. Abbastanza sconsolata la presidente: “C’è tanto lavoro da fare, ma io sono molto preoccupata se il provvedimento rimarrà quello licenziato dal Governo. Inoltre, non mi spiego la posizione di certe forze politiche. Per esempio, la Lega al Governo ha avvallato la legge quando il capogruppo, Salvini, e anche Centinaio, hanno detto che è un provvedimento da correggere. Noi abbiamo fatto un tavolo il 28 dicembre con i ministri Gelmini, Garavaglia e Giorgetti, un secondo tavolo il 4 gennaio, l’8 febbraio c’è stato un altro tavolo tecnico. Ci hanno ascoltato, hanno detto che si sarebbero mossi, poi il risultato è stato completamente diverso”.