Cagliari ha ospitato il settimo congresso della Fai Cisl Sardegna, federazione che nell’isola conta 7.300 iscritti tra lavoratori agricoli, dell’industria alimentare, delle foresta, della pesca, della zootecnia e della bonifica. L’assemblea, come le altre di Fai Cisl, aveva come titolo “RiGenerazione: persona, lavoro, ambiente”. Ha richiesto la reggenza dell’organizzazione, su cui si esprimerà nei prossimi giorni la segreteria nazionale.
Il segretario generale, Bruno Olivieri, ha parlato di valorizzazione dei consorzi di bonifica e del lavoro dei 5 mila forestali sardi per affrontare la transizione ecologica: “Dobbiamo tenere ben presente che per ogni euro speso in prevenzione se ne risparmiano dieci da impiegare per riparare i danni del dissesto idrogeologico”, ha detto il sindacalista. Sul lavoro forestale ha denunciato i danni di una falsa regionalizzazione: “La politica sarda ha preso una cantonata prima con l’approvazione della legge n. 8, e poi con le leggi 43 e 6. Sedicenti sindacati autonomi per anni hanno calunniato la nostra federazione e hanno illuso buona parte dei dipendenti dell’agenzia Forestas che il Ccnl dei forestali non fosse adeguato, pensando che il contratto collettivo regionale sarebbe stato la panacea di tutti i mali, ma il tempo purtroppo ci ha dato ragione, e ora tutti i problemi che avevamo temuto si stanno avverando: inquadramento, mansioni, orario di lavoro, maltempo, indennità, previdenza, tutto ciò che avevamo risolto e regolamentato si sta rimanifestando quotidianamente a danno degli operai e del comparto, che è tornato indietro di vent’anni”.
“Comunque, nonostante il passaggio al pubblico impiego, continueremo a batterci per tutelare al meglio questi lavoratori e far crescere il settore”. Un’altra preoccupazione è data dal lavoro degli allevatori: “Da rilanciare anche grazie al rinnovo del contratto nazionale, avvenuto finalmente dopo dieci anni di stallo”, e dei pescatori, “il cui ruolo dovrebbe essere strategico per l’economia regionale e l’ambiente, anche perché non rappresenta solo una fonte di reddito ma un insieme unico di tradizioni, saperi, funzioni di presidio del mare e delle comunità costiere, eppure non riceve dalla politica l’attenzione che merita. Per avere un lavoro di qualità, che includa maggiormente le nuove generazioni – ha aggiunto il sindacalista – serve l’applicazione del testo unico sulla sicurezza, poi più formazione e l’aggiornamento delle tutele, tutti aspetti da realizzare attraverso la contrattazione e una migliore cooperazione tra armatori, pescatori e parti sociali”.
Ha partecipato ai lavori anche il segretario generale della Cisl Sardegna, Gavino Carta, che ha richiamato l’attenzione sulla crisi in atto sul fronte energetico: “Una crisi che si aggiunge a quella pandemica e che è figlia di politiche regionali e nazionali totalmente prive di strategia, oggi i danni per lavoratori e imprese, anche dell’agroalimentare e dell’edilizia, settori che hanno conosciuto una crescita rilevante negli ultimi anni, rischiano di essere enormi. Aver disintermediato per anni il rapporto con le parti sociali ha rafforzato l’autoreferenzialità della politica, infatti anche il tema dell’insularità sfugge ai suoi contenuti più urgenti, che dovrebbero essere le risorse e i provvedimenti per consolidare sanità, infrastrutture, energia, contrasto alla povertà”.
Altro tema, il ruolo strategico della regione nel Mediterraneo: “La nostra condizione di insularità – ha detto Carta – deve essere superata con il riconoscimento della continuità territoriale e il riconoscimento delle Zes, Zone economiche speciali: attraverso questi due elementi si potrebbe programmare il rilancio dell’economia sarda, assicurando al sistema produttivo quella fiscalità agevolata attesa da decenni che può essere il vero motore della ripresa economica dell’isola”.
I lavori sono stati chiusi da Onofrio Rota, segretario generale della Fai Cisl nazionale: “L’inserimento della salvaguardia dell’ambiente in Costituzione dovrebbe segnare una svolta epocale ma ai cittadini e al mondo del lavoro non bastano queste formalità se poi la politica si muove in maniera contraddittoria, la transizione ecologica non può essere messa in contrapposizione con l’occupazione, ma al contrario deve creare nuove opportunità, e questo si realizza con una visione partecipata che metta al centro la persona, la formazione, la riqualificazione dei lavoratori”. Al centro del suo intervento, le opportunità offerte dal Pnrr “per colmare i divari sociali, territoriali e infrastrutturali”, ma anche il bisogno di investire di più su giovani, occupazione femminile e inclusione sociale: “Paradossalmente in agricoltura molte aziende lamentano la mancanza di manodopera, per cui anche il decreto flussi che sta definendo il Governo può essere una risposta importante, ma è evidente che la vera sfida è rendere più attrattivo l’agroalimentare migliorando le condizioni di lavoro e le retribuzioni lungo tutte le filiere, visto che in Italia un lavoratore su dieci ha uno stipendio che lo costringe a vivere in povertà, inoltre è urgente investire su formazione e politiche attive per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, valorizzando gli enti bilaterali territoriali e le tante buone pratiche messe in campo per prevenire caporalato e lavoro nero”.