Ripresa in Umbria: sette Comuni attrattivi anche nel 2020

Nel 2020, a causa del covid, l’Italia ha subito una vera e propria recessione economica, con il Pil che ha perso il 9,1 per cento secondo l’Istat e l’Umbria che dalla Svimez è data al -8,5 per cento, in attesa dei dati dell’Istituto di statistiche. In Umbria, però, sette comuni (Bastia Umbria, Città della
Pieve, Foligno, Giano dell’Umbria, Norcia, Passignano sul Trasimeno e Perugia) hanno dimostrato una capacità attrattiva e un certo dinamismo, con gli impieghi bancari che hanno superato i depositi.

Il quadro emerge dai dati forniti per ciascun comune dalla Banca d’Italia ed elaborati dall’agenzia Mediacom043. Nel 2019 i comuni umbri dove gli impieghi superavano i depositi erano 14, il doppio dei 7 del 2020. Ci sono poi comuni, come Terni, Todi ma anche Narni e Deruta dove, sempre nel 2020, lo sbilancio tra impieghi e depositi bancari è molto limitato.

Il tutto si inquadra nel forte aumento dei depositi bancari che si registra da qualche anno sia in Italia sia in Umbria, proseguito nel 2020 e nel 2021 (ad agosto 2021 i depositi bancari di famiglie e imprese umbre sono arrivati a 20,923 miliardi di euro). In gran parte è denaro ‘ozioso’, ossia che non si trasforma in investimenti o nuove imprese.

In Umbria, i comuni meno attrattivi sono invece Magione, Spello, Panicale, Fabro, Castiglione del Lago, Orvieto e i cosiddetti ‘comuni riservati’, ossia il gruppo di quei municipi in cui operano meno di tre sportelli bancari.

Ma andiamo avanti con il Rapporto. Nel 2020, in tutti i comuni umbri il rapporto impieghi/depositi bancari è calato, e c’era da aspettarselo. Non solo scesi gli impieghi, che anzi sono cresciuti da 13,01 a 13,31 miliardi di euro, ma si sono incrementati di molto i depositi (+13 per cento nel 2020 in Umbria, +1,616 miliardi rispetto all’anno precedente), arrivati a 14,046 miliardi di euro. La tendenza proseguirà nel 2021. Ad agosto 2021, infatti, la mole dei depositi bancari in Italia è arrivata a più di 2 mila miliardi, a 20,923 miliardi in Umbria.

Così, se nel 2019 il rapporto impieghi/depositi in Umbria era di 104,7 (ossia, ogni 100 euro di depositi ce ne erano 104,7 di impieghi), nel 2020 il rapporto è sceso a 94,8. La flessione riguarda sia la provincia di Perugia, dove il rapporto impieghi/depositi è calato da 106,4 a 96,5, sia in maniera ancora più accentuata la provincia di Terni (da 98,2 a 88,3). Come già detto, in sette comuni umbri, invece, gli impieghi continuano a superare i depositi bancari, ossia hanno un indice superiore a 100.

In testa c’è Bastia Umbria (indice 133,7, ossia nel 2020 per ogni 100 euro di depositi ci sono 133,7 euro di impieghi), quindi Città della Pieve (128,4), Foligno (118,5), Giano dell’Umbria (117,5), Norcia (114,2), Passignano sul Trasimeno (105,6) e Perugia (101,7). Prossimi alla parità tra depositi e impieghi Terni (indice 99,5), Todi (98,3) e Narni (98,1). Sopra l’indice 90 (ossia gli impieghi verso famiglie e imprese sono inferiori fino al 10% del risparmio liquido esistente nel comune) anche Umbertide (indice 95,6), Spoleto (92,9) e Città di Castello (92,3).

In coda, i comuni economicamente meno attrattivi dell’Umbria sono Magione, fanalino di coda con indice 41,2, Spello (60,1), Panicale (66,8), Fabro (67,6), Castiglione del Lago (71,3) e Gubbio (73,5).

Nel 2021 stiamo affrontando la ripresa. Il Pil italiano crescerà del 6,3 per cento quest’anno e del 4,9 per cento nel 2022 e l’Umbria dovrebbe essere vicina alla media nazionale. Questo meccanismo porterà una parte del risparmio a riposizionarsi in modo meno liquido, grazie ai minori rischi e all’aumento medio delle remunerazioni attese dagli investimenti finanziari. Dovrebbe dunque scendere la quantità di denaro detenuta per motivi precauzionali.

Il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ramo italiano del Recovery Fund – Next Generation Eu), con i suoi 190 miliardi di euro e rotti provenienti dall’Ue – ai quali si aggiungono circa 40miliardi di euro di fondi statali – se verrà rispettato il timing previsto delle riforme e degli adempimenti (senza i quali i fondi non vengono erogati dalla Ue) terrà elevata la base della ripresa e avrà un effetto moltiplicativo sugli investimenti privati, aprendo nuovi canali di opportunità per il risparmio. L’opera di sgonfiamento della bolla dei depositi dovrebbe completarsi con una crescita dell’inflazione (l’obiettivo resta comunque di mantenerla nel medio periodo nei pressi del 2%), che facendo perdere valore al denaro spinge il risparmio verso allocazioni che permettano almeno di recuperare l’inflazione.

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