Si è svolto nella sala conferenze dell’Accademia del peperoncino di Diamante il convegno dal titolo “Riconoscimento IGP peperoncino di Calabria. Prospettive e opportunità per il territorio” organizzato da CIA Agricoltori Italiani Calabria. Si è trattato dell’occasione per confrontarsi e discutere su questo importante prodotto gastronomico della tradizione calabrese ed italiana. In ballo c’è il possibile riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta e fare fronte comune per evitare contraffazioni e truffe, causa di danni ingenti alle aziende.
La parola d’ordine è stata, dunque, fare gioco di squadra per promuovere. E su questa falsariga si sono mossi tutte le personalità intervenute, dal vicesindaco di Diamante Giuseppe Pascale a Luca Pignataro, presidente CIA Calabria Nord, dal presidente della Cia calabrese Nicodemo Podella al presidente di CNA Cosenza Francesco Citino passando per il direttore Gal Riviera dei Cedri Domenico Amoroso e Klaus Algieri, presidente della Camera di Commercio di Cosenza.
Particolarmente importante l’intervento di Bruno Maiolo, direttore generale Arsac, il quale ha parlato a lungo sulle criticità che affliggono i produttori e che potrebbero essere risolte grazie al marchio IGP. Pietro Serra, presidente del Consorzio del peperoncino di Calabria, ha parlato del disciplinare redatto dallo stesso consorzio mentre la dottoressa Roberta Cafiero, dirigente del Mipaaf, ha fatto il punto della situazione sottolineando come la missione di ottenere l’IGP non sia facile ma nemmeno impossibile. Dopo gli interventi dell’assessore regionale all’Agricoltura Gallo e della senatrice Fulvia Caligiuri, il presidente nazionale CIA Dino Scanavino ha assicurato l’impegno della confederazione per raggiungere l’obiettivo e si è congratulato per il lavoro svolto.
La storia del peperoncino è molto antica: pare venisse usata come alimento in Messico già novemila anni fa, noto come spezia dei poveri perché veniva usato dagli agricoltori troppo poveri per permettersi il pepe. Quando Cristoforo Colombo giunse in America, fu talmente entusiasta di questo alimento da parlarne nei suoi diari. Il clima secco della Calabria è ideale per la coltivazione dell’oro rosso, soprannominato affettuosamente “diavulicchiiu”, “peparussi” o “pipazzu” a seconda della zona. Oggi rappresenta una voce importante nell’economia calabrese che esporta soprattutto nei Paesi Bassi e in nord Europa.