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Peperoncino italiano soffocato dalle importazioni extra UE, Cia lancia l’allarme Attualmente la coltivazione italiana si estende su 400 ettari ma viene soddisfatto solo il 30% del fabbisogno. Un chilo prodotto in Italia costa 15 Euro contro i soli 3 realizzati in Cina con regole meno stringenti.

di Raffaele Terzoni
02/12/2021
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Il peperoncino è una bacca molto richiesta dai consumatori in quanto largamente usato come condimento di sughi. Negli ultimi decenni la produzione in Italia è piuttosto calata e ormai non riesce a soddisfare che il 30% della domanda, mentre il resto viene importato da altri paesi fuori dall’Unione Europea: bene duemila tonnellate ogni anno soprattutto da Cina, Egitto, Turchia.

Il motivo è molto semplice e viene spiegato da Cia-Agricoltori Italiani. In questi paesi il costo di produzione è di gran lunga inferiore e questo si riflette sui prezzi ai consumatori: un 1 chilo di prodotto essiccato e macinato in polvere Made in Italy costa 15 Euro mentre una quantità analoga realizzata in Cina ne costa soltanto 3, ma ha una qualità molto inferiore visto che la piantina viene triturata interamente, radici e picciolo inclusi. Non ci sono formulari per gli antiparassitari e persino la polvere subisce sofisticazioni.

Come risolvere questo problema? Per Cia occorre tutelare il prodotto nostrano di qualità elevata creando una filiera innovativa e integrata, aggiornando le tecniche di lavorazione per abbattere i costi produttivi. Clima e terreni del Sud Italia sono perfetti per coltivarlo e sono molti i piatti tipici che ne prevedono l’utilizzo. “Si dovrebbe creare denominazioni di origine territoriale per dare al consumatore garanzia di qualità e tracciabilità, aumentando i fatturati e di conseguenza le coltivazioni che, al momento sono localizzate in circa 400 ettari”.

Il socio Cia e vivaista Emanuele Aime ha spiegato che in Italia ci sono norme stringenti che garantiscono la qualità ma rendono dura la vita ai produttori: “abbiamo le varietà migliori come la Filippo Argenti di Sanremo che diventerà la più piccante al mondo e il Diavolicchio calabrese. Caratterizzate da aroma e retrogusto particolare, sono le più apprezzate dai chef famosi di alto livello”. E il mercato internazionale non è insensibile al fascino del peperoncino italiano, soprattutto quello dei Paesi Bassi che è la destinazione del 50% della produzione della Calabria.

Per molto tempo il peperoncino in Italia è stato snobbato, relegato a semplice spezia e non considerato un prodotto agricolo a tutti gli effetti. La coltivazione era spesso casareccia in orti e terrazze e compiuta da amatori esclusivamente per consumo familiare. Poi le cose sono cambiate e oggi è uno dei prodotti tenuti più in considerazione da coltivatori e federazioni.

Tags: AgricolturaCia-AgricoltoriPeperoncinoUnione Europea
Raffaele Terzoni

Raffaele Terzoni

Laureato in Scienze Politiche, è giornalista pubblicista dal 2016 e svolge prevalentemente la professione di copywriter. In passato ha gestito i social media di alcune strutture museali. Autore di recensioni per varie testate, attualmente cura lo sviluppo di magazine online. Appassionato di calcio, biciclette, scacchi e fantascienza, non smette mai di guardarsi intorno.

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