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Dimissioni dal lavoro: Aur, in atto un cambiamento culturale? Crescono, nel settore privato, gli abbandoni di un contratto a tempo indeterminato. La situazione in Umbria

di Alessandro Pignatelli
22/11/2021
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La pandemia ha sconvolti gli equilibri lavorativi: chi ha un contratto, anche a tempo indeterminato, appare scontento e desideroso di cambiare. Da qui l’aumento delle dimissioni che si è verificato negli ultimi mesi. Si cerca un’attività maggiormente flessibile per dare più equilibrio alla vita privata e a quella lavorativa, incarichi più vicini alle proprie competenze e più gratificanti, si capisce di essere arrivati al punto di rottura. L’Aur parla di ‘great resignation’, la grande ondata di dimissioni che sta cominciando a creare problemi a parecchie imprese.

Entro il 2021, secondo lo studio McKinsey, 4 lavoratori su 10 vogliono cambiare lavoro in tutto il mondo. In Italia, nel primo semestre dell’anno, 2 cessazioni di rapporto di lavoro su 10 sono da attribuire alla volontà del lavoratore: più di 836 mila persone hanno dato le dimissioni, con balzo dal primo al secondo trimestre del 38 per cento (fonte ministero del Lavoro).

Chi lascia il lavoro? Più dei Millennial, è la generazione Z la più coraggiosa. I più giovani sentono prima di tutto di voler essere valorizzati, ma anche avere più incarichi più mirati e soddisfacenti, possibilità di carriera più elevate, la gestione più flessibile della propria vita. Il motto è You Only Live Once, da cui la definizione di Yolo Economy.

Dalla banca dati Inps, emerge che in Italia ci si dimette dai contratti a tempo indeterminato nel settore privato. L’Umbria fa ancora di più che l’Italia: nel primo semestre del 2021, rispetto allo stesso periodo del 2019, le dimissioni volontarie di chi ha un contratto a tempo indeterminato nel settore privato sono cresciute del 7,6 per cento contro il 3,7 per cento italiano. Ancora più elevata la crescita rispetto al 2020. Nei primi sei mesi del 2021, le 7.443 cessazioni di tempi indeterminati in Umbria sono arrivate in 5.546 casi da dimissioni (77 per cento contro il 73 per cento italiano). Nello stesso periodo, nel 2019, in Umbria eravamo al 60 per cento contro il 58 per cento italiano e nel 2014 al 47 per cento, contro il 50 per cento nazionale.

I lavoratori dai 30 ai 50 anni concentrano, nel primo semestre del 2021, il 54 per cento delle dimissioni. In Umbria, come in Italia, a seguire c’è la fascia degli ultra cinquantenni (35 per cento in Umbria, 29 per cento in Italia), i più giovani sono presenti con l’11 per cento in Umbria e il 17 per cento in Italia.

Da gennaio a giugno 2021, in Umbria si sono dimessi 655 occupati a tempo indeterminato che sono nel settore privato e hanno meno di 30 anni, oltre 3 mila 30-50enni, 2 mila ultra 50enni.

È ancora troppo presto per parlare di svolta storica, ma se la situazione dovesse perdurare, si potrebbe parlare di cambiamento culturale anche in Italia. Chissà, l’aumento di dimissioni potrebbe sottintendere anche un mercato del lavoro in salute, con ampio spazi per ricollocarsi in un posto migliore. Questo porterebbe a un aumento della produttività.

Tags: AurCDELOCALDimissioniLAVOROTempi indeterminati
Alessandro Pignatelli

Alessandro Pignatelli

Giornalista professionista e scrittore, amante della carta stampata come del mondo digitale. Ho lavorato per agenzie stampa e siti internet, imparando nel mio percorso professionale a essere tempestivo, preciso, ma anche ad approfondire con vere e proprie inchieste. Con i new media e i social, ho inserito nel mio curriculum anche concetti come SEO, keyword, motori di ricerca, posizionamento.

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