Il Grana Padano Dop, che si lavora dal Piemonte al Veneto e dal Trentino alla Provincia di Piacenza, con più di 5,2 milioni di forme prodotte nel 2020, è il formaggio a denominazione di origine protetta più consumato al mondo. Sarà, quindi, tra i principali argomenti che si dibatteranno al convegno ‘1951 – Convenzione di Stresa – 70 anni di Denominazione d’Origine’, organizzato da Afidop, Associazione dei formaggi italiani a denominazione d’origine protetta, in programma venerdì 22 ottobre all’ex monastero di Astino, a Bergamo, all’interno di ‘FORME Future – Antichi saperi e nuove conoscenze’.
Tra i relatori ci sarà il presidente del Consorzio Tutela Grana Padano, Renato Zaghini,nato il 18 giugno del 1954 per iniziativa di Federlatte e di Assolatte, e che riunisce produttori, stagionatori e commercianti del formaggio.
“Da allora il Grana Padano e i suoi produttori sono cresciuti enormemente, tenendo il passo di evoluzioni nel gusto, ma anche delle normative che si sono succedute, nella qualità, nella lavorazione, nella promozione e nella valorizzazione del prodotto – sottolinea Zaghini – Oggi oltre 2 milioni di forme di Grana Padano DOP vanno all’estero, facendo apprezzare fuori dai confini nazionali un prodotto che nel 1951 era difficilissimo definire e tutelare in Italia. Per centrare questo obiettivo si dovette comunque attendere il 1996, con il riconoscimento delle DOP da parte dell’Unione Europea, che cambiò le regole sui controlli, ma aprì nuove opportunità che il Grana Padano DOP e i suoi produttori hanno saputo cogliere con impegno e investimenti ingenti”.
Ancora oggi non sono tutte rose e fiori:
“Abbiamo ottenuto un riconoscimento che comunque, ogni giorno, ci impone un impegno intenso per ribadirlo e non vederlo vanificato – conclude Zaghini – All’estero l’avversario si chiama Italian Sounding, che costa miliardi di euro di perdite a vantaggio di imitazioni che possiamo combattere solo dove ci siano accordi tra la UE e altri paesi. In Italia dobbiamo invece ancora vedere riconosciuta la tracciabilità completa, anche negli ingredienti. Un terzo dei pasti è consumato nella ristorazione, dove il cliente non sa quali prodotti siano utilizzati nella realizzazione dei piatti, perché non è prevista l’indicazione nei menù, e quindi nel piatto si usano spesso formaggi similari. Per superare queste situazioni occorre avere chiari gli obiettivi di 70 anni fa anche nel mercato globale. La ricerca di sostenibilità ci spinge in quella direzione. Ma se ci vanno i produttori da soli appare arduo raggiungere la meta”.