Agricoltura veneta: cresce la produzione lorda

Anche nell’anno della pandemia, cresce la produzione lorda agricola veneta, che arriva a 6,1 miliardi (+1,1 per cento). Aumento dovuto in particolare dall’incremento delle rese per le coltivazioni erbacee, e non dai prezzi. In calo del 2,8 per cento le attività di supporto all’agricoltura (contoterzismo, attività post-raccolta, servizi connessi, agriturismo), a causa del lockdown e delle chiusure. Sono in sintesi i contenuti del Rapporto 2020 sull’anno in agricoltura, pubblicato da Veneto Agricoltura.

Vediamo l’andamento per settori. Per cereali e colture industriali, aumento a due cifre delle rese a causa del clima. Il valore della produzione di cereali è salito a oltre 500 milioni di euro, +22,4 per cento. Il riso, coltivato soprattutto a Verona (2.180 ettari, 1,2 per cento) e Rovigo (750, -4,2 per cento) ha rivelato un andamento dei prezzi altalenante: il valore della produzione dovrebbe essere di 3,9 milioni, -5,9 per cento. Bene le colture industriali; il tabacco, prodotto per l’80 per cento nel Veronese, ha avuto un calo di investimenti, ma è migliorato del 15 per cento. Per l’Istat, i ricavi stimati sono di 58 milioni, +4,1 per cento.

Il clima ha favorito vite, olivi e frutta, specializzazioni in cui Verona è città d’eccellenza. Per la frutta, buona annata per pero, melo e ciliegio (questi ultimi sono coltivati al 77 per cento nel Veronese). Le ciliegie hanno registrato un +36,7 per cento di prezzo. Male kiwi e pesche. Per il frutticolo, valore della produzione regionale di 297 milioni, +23,6 per cento sul 2019.

Male il prezzo del latte alla stalla (-6,4 per cento contro il -9 per cento in Italia), per un valore regionale di 429 milioni, -0,5 per cento. Sono aumentate le quantità consegnate ai caseifici per 1,2 milioni di tonnellate (+2,4 per cento), 313 mila delle quali provenienti da stalle veronesi, seconde solo a quelle vicentine. Sono aumentati i consumi domestici di formaggi, in particolare di quelli freschi: +8,3 per cento. Abbattuto l’import, -10 per cento in valore, -13 per cento in quantità. Flessione per l’export: -2 e -1,5 per cento. Bene la produzione: Grana Padano +1,7 per cento, Asiago +11 per cento, Montasio +48 per cento, Piave +17 per cento, Monte Veronese +10 per cento.

Eccoci alle carni, con Verona che primeggia. Guida la produzione di bovini da macellazione (48.395 tonnellate sul totale veneto di 166 mila, -1,3 per cento), per un valore della produzione pari a 114,6 milioni su 394 milioni regionali, -3,9 per cento. Su più di 141.183 tonnellate di carni suine prodotte (-2,7 per cento), 48.156 sono veronesi. Il valore della produzione regionale di attesta su 189 milioni (-6,8 per cento), oltre 64 milioni veronesi. La carne avicola: in Veneto è leggermente aumentata (+1,3 per cento), in linea con l’andamento italiano e le richieste del mercato, ha toccato 564 mila tonnellate, il 31 per cento del totale nazionale. Il valore della produzione ammonta a 735 milioni. Verona ha il 50 per cento di volume e valori regionali.

Le prospettive sono più rosee per cereali e colture industriali, grazie al forte aumento dei prezzi. Le rese delle orticole (fragole e asparagi) sono state sfavorite dall’andamento del clima in primavera. Danneggiate anche le colture di pere, kiwi, pesche, nettarine e albicocche, per le quali si stimano perdite superiori al 50 per cento. Probabili difficoltà per gli allevamenti a causa dell’aumento dei costi delle materie prime. Il prezzo del latte resta stabile, ma basso. In ripresa le produzioni orticole di quarta gamma, agriturismo e florovivaismo. Bene le previsioni per il vitivinicolo.

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