Coldiretti Puglia: impronte digitali dell’uva contro i falsi

Fare più controlli e scoprire i falsi con l’analisi dell’impronta digitale per salvaguardare l’uva da tavola pugliese, che genera un valore di più di 400 milioni di euro con 602 mila tonnellate prodotti, di cui il 60 per cento per l’export. La richiesta arriva da Coldiretti Puglia dopo l’operazione della Guardia di finanza che ha sequestrato 3.400 cassette di uva da tavola brevettata provenienti dall’Egitto e destinate al mercato del Nord Europa. Uva che avrebbe causato un enorme danno alla produzione pugliese che gode del marchio Igp Uva da tavola di Puglia.

Coldiretti Puglia ha reso noti gli studi del Dipartimento di Ingegneria delle acque e di chimica del Politecnico di Bari in campo agroalimentare, che riguardano la definizione dell’impronta digitale dell’uva da tavola pugliese, con analisi metabolomica. I risultati consentono di dividere l’uva in base alle varietà, all’origine geografica e alle tecniche agronomiche utilizzate per produrla.

“L’impronta digitale con la Risonanza Magnetica – aggiunge Coldiretti Puglia – è un potente strumento per distinguere un prodotto biologico da uno convenzionale”. Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia, dice: “E’ grande lo sforzo profuso dai nostri imprenditori per orientarsi su cultivar che per qualità fisiche e organolettiche riescano a soddisfare il mercato nazionale e internazionale sempre più esigente. Determinante sarebbe attuare iniziative anche pubblicitarie per aumentare il consumo di uva da tavola in Italia, attraverso la presenza capillare in tutti i punti vendita di prodotti ortofrutticoli e per tutto il periodo della produzione tra giugno a dicembre”.

La Puglia si fregia del primato di primo produttore italiano da uva da tavola, con il 74 per cento della produzione nazionale. L’Italia, soprattutto grazie al contributo pugliese, è il primo produttore al mondo con il 16 per cento sulla produzione globale. La provincia di Bari produce 2,2 milioni di quintali su 10.500 ettari a disposizione.

“I nostri imprenditori hanno aumentato la qualità delle produzioni e al contempo – insiste il presidente Muraglia – è stato diminuito l’impatto ambientale e la percentuale di residui, la più bassa al mondo, con pratiche agronomiche mirate, come la potatura invernale agli interruttori di dormienza, la rimozione delle prime infiorescenze e le potature in verde per la formazione di infiorescenze ritardate, la copertura dei filari, la modulazione dell’irrigazione, i trattamenti antisalini e l’inerbimento controllato, con l’impiego di manodopera altamente specializzata”.

L’Italia importa uva da tavola per 25 mila tonnellate (il 3,2 per cento dei consumi interni): dall’Europa arriva il 49 per cento di questo export, dall’America centro meridionale il 25 per cento (in particolare da Cile e Perù), la parte rimanente dall’Africa (13,5 per cento) e dall’Asia (4,6 per cento).

“Per sostenere le esportazioni – conclude Coldiretti Puglia – la crescita e le nuove opportunità di lavoro legate all’uva da tavola occorre investire sulla competitività del Made in Italy a partire dall’apertura a nuovi mercati esteri e dal superamento delle grandi difficoltà create dall’embargo russo, attraverso l’avvio e la promozione di un progetto “Ortofrutta italiana” attraverso il quale vengano sponsorizzati i prodotti a marchio Italia sui mercati europei ed extra europei, così come stanno facendo la Spagna e la Francia”.

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