Calo demografico e crisi economica: vanno di pari passo

L’economia e la demografia sono strettamente collegati. L’Aur riprende così il discorso demografico, facendo anche un po’ di storia. In Europa, tra la metà del XIX secolo e gli anni Sessanta del Novecento, si è registrato il maggior incremento, in concomitanza con il boom economico. C’erano molti giovani, che garantivano la manodopera necessaria.

In Italia, negli ultimi 50 anni, ci sono stati mutamenti importanti. Verso la fine degli anni ’60, è iniziato a diminuire il tasso di fecondità che ha portato, negli anni ’90, al processo di invecchiamento. La crescita della popolazione italiana è arrivata soltanto grazie agli immigrati. Nel 2014 si raggiunge il massimo, con 60,8 milioni di abitanti; da qui, inizia l’inversione di tendenza che, all’1 gennaio 2019, censisce 60,4 milioni di residenti e 59,6 all’inizio del 2020. La discesa continua inarrestabile a causa dei decessi per covid e della diminuzione di matrimoni. In più, diminuiscono i flussi migratori dall’estero: ci ritroviamo così a 59,2 milioni, 1,6 milioni in meno in sette anni.

Un così repentino cambiamento demografico si è naturalmente riflesso nel sociale, nel campo politico e in quello economico. Ed è il caso di darci una bella occhiata visto che il calo demografico è destinato a continuare e a intensificarsi. Ma a preoccupare non deve essere tanto il calo della popolazione, quanto l’aumento degli squilibri demografici differenziali. Gli squilibri generazionali producono freni alla crescita economica e alla sostenibilità del welfare. Ci saranno dunque conseguenze nel campo della previdenza sociale, nel mercato del lavoro, nell’assistenza sanitaria, nei consumi.

In Umbria la situazione è ancora più preoccupante rispetto al resto del Paese. La perdita demografica è cominciata nel 2014. Il bilancio negativo, secondo le stime di Luca Calzola, è destinato a continuare: nel 2020 abbiamo perso 4 mila unità, che hanno portato al totale di 866 mila abitanti rispetto agli 897 mila del 2014.

Deve essere la ripresa economica a bloccare il declino demografico, dopo che la discesa è scaturita proprio per la diminuzione di popolazione. In Umbria, le due discese (economica e demografica) vanno a braccetto. Nel 2008, al momento della crisi economica, il Pil regionale è era di 5 punti inferiore alla media nazionale, oggi siamo arrivati a 15. Una differenza che allontana la ripresa economica e che quindi non dà l’input positivo all’aumento della popolazione.

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