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Economia blu: 200mila le aziende, 47miliardi il valore aggiunto Dall'ultimo Rapporto dell'economia del mare promosso dalla Camera di Commercio Frosinone-Latina in raccordo con Unioncamere è emerso che l’81% delle competenze professionali richieste dalle imprese blu riguardano il green e la sostenibilità, l’esperienza pregressa conta per quasi il 70% delle assunzioni.

di Giulia Spalletta
17/03/2021
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200 mila aziende, quasi 1 milione di occupati, circa 47 miliardi di euro di valore aggiunto, un effetto moltiplicativo sull’economia di 1,9. L’81% delle competenze professionali richieste dalle imprese blu riguardano il green e la sostenibilità, l’esperienza pregressa conta per quasi il 70% delle assunzioni. Sono i principali numeri dell’ultimo Rapporto dell’economia del mare promosso dalla Camera di commercio di Frosinone-Latina in raccordo con Unioncamere e realizzato dal Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne.

L’economia del mare è centrale per uno sviluppo sostenibile e green. Secondo l’ultimo “Blue Economy Report 2020”, l’economia blu dell’UE, con 5 milioni di occupati, un fatturato di 750 miliardi di euro nel 2018, e un incremento dell’11,6% rispetto all’anno precedente, rappresenta un potenziale enorme e in continua crescita. Per questo l’UE raccomanda agli Stati membri di includere nei Piani di ripresa del Recovery Fund, misure di protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini (quali lo sviluppo e la gestione della rete Natura 2000, la conservazione e il ripristino di specie e habitat, il controllo delle specie esotiche invasive o la costruzione di infrastrutture blu).

Le imprese italiane dell’economia del mare sono 199.177 nel 2018 (il 3,3% del totale complessivo) e danno lavoro a 885,2 mila persone (il 3,5% sul totale dell’occupazione del Paese). Più di 4 imprese della Blue Economy su 10 si occupano di servizi di alloggio e ristorazione, il 16,8% opera nella filiera ittica, il 15,2% nel settore delle attività sportive e ricreative, il 13,6% nella cantieristica, il 5,9% nella movimentazione merci e passeggeri via mare, il 3,8% nelle attività di ricerca e tutela ambiente (3,8%), lo 0,2% nell’industria delle estrazioni marine.

“Il mare è sempre stato una delle più grandi sfide dell’uomo, spazio da conquistare e nel contempo risorsa da tutelare e proteggere; dalla risorsa mare l’uomo ricava costantemente alimenti, materie prime e anche energia”. È quanto sottolinea Giovanni Acampora, neo Presidente dell’Assonautica Nazionale e presidente della Camera di commercio Frosinone-Latina – che aggiunge “così, il mare, presentandosi come un’importante leva sulla quale fondare parte dello sviluppo economico, deve stimolare un attento studio su tutte quelle attività che sono il frutto, o possono trovare giovamento, dalla presenza di questa risorsa”.

L’economia blu genera un valore aggiunto di 46,7 miliardi di euro, il 3,0% del totale economia (nel 2014 era il 2,9%), ma considerando gli effetti diretti e indiretti – per ogni euro prodotto direttamente si ha un effetto moltiplicatore di filiera pari a 1,9- si arriva ad un valore aggiunto prodotto complessivo di 134,5 miliardi di euro: l’8,5% del totale dell’economia. La movimentazione di merci e passeggeri via mare è il comparto a maggiore capacità moltiplicativa, dove ogni euro prodotto ne attiva 2,8 sul resto dell’economia. Altri settori dalla elevata capacità moltiplicativa sono quelli della cantieristica (moltiplicatore 2,4) e delle attività sportive e ricreative (moltiplicatore 2,1).

Risparmio energetico e sostenibilità ambientale, sono skill centrali per trovare lavoro nella Blue economy: l’81,4% delle ricerche di lavoro richiede competenze green. È quanto emerge nel volume “Economia del Mare e Green Deal”, realizzato da Unioncamere sulla base dei risultati delle indagini Excelsior 2019.

Il fabbisogno di professioni della Blue Economy espresso dalle imprese è rivolto di gran lunga a giovani (fino a 29 anni 29,6%) e giovani adulti (30-44 anni 24,8%). E’ il riflesso evidente del peso che i servizi di alloggio e ristorazione hanno nell’economia del mare del nostro Paese (la domanda di giovani fino a 29 anni sale al 30,4%), settore in cui intraprendenza e capacità relazionali, virtù proprie dei giovani, sono indispensabili.

Un pregresso bagaglio lavorativo è requisito importante: al 67,6% delle entrate è richiesta una esperienza specifica, quota che sale al 73% nel caso della cantieristica, dove i complessi metodi di produzione implicano technicalities e competenze specifiche acquisibili solo con l’esperienza.

Le evidenze risultanti dall’analisi per titolo di studio sono ampiamente confermate dalle professioni richieste dalle varie branche economiche che compongono la filiera della Blue Economy. Un’analisi che, per quanto riferita all’era pre-Covid, fornisce indicazioni anche sui trend futuri.

Ben il 60% delle entrate programmate per il 2019 hanno interessato figure con una qualifica professionale, un dato che riflette la forte “anima” turistica dell’economia del mare, mentre la domanda di risorse con livello universitario o superiore si ferma al 2,9%. Rappresenta un’eccezione la filiera della cantieristica (il 16,4% delle entrate programmate è rivolto a laureati), un settore dove tecnologia e competitività rendono maggiormente necessari innesti nella forza lavoro di soggetti dal più elevato grado di istruzione.

Tags: blue economyCDENEWSLazio
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