Si è tenuto ieri, 8 marzo 2021, l’intervento del presidente nazionale Lapet Roberto Falcone davanti alla Commissione Finanze congiunta di Camera e Senato, nell’ambito delle audizioni delle parti sociali in merito alla riforma dell’Irpef.
Falcone, coadiuvato da Riccardo Bizzarri coordinatore del centro studi dell’associazione, ha illustrato le proposte della Lapet orientate a riattribuire al sistema dell’imposizione diretta i caratteri di certezza, stabilità, equità e prevedibilità dell’imposizione, ormai smarriti da tempo.
Nel merito non convince la scelta di concentrare la riforma sull’obiettivo di ridurre il cuneo fiscale, poiché tale obiettivo sembra presupporre l’equiparazione tra il reddito di lavoro dipendente ed il reddito di lavoro autonomo. Così non è, per questo Falcone ha auspicato che la nuova Irpef riesca a rispondere alle esigenze di un numero sempre maggiore di lavoratori che percepiscono redditi di lavoro estranei al rapporto tradizionale tra lavoratore dipendente e datore di lavoro, pur trovandosi in una sostanziale condizione di subordinazione.
La proposta della Lapet intende correggere l’attuale struttura dell’imposta che presenta una progressività molto elevata per i redditi più bassi, ma che si attenua per i livelli di reddito più alti, ed addirittura presenta un balzo di aliquota dal 27% al 38% oltre la soglia di reddito di 28.000 euro.
Per recuperare la funzione redistributiva dell’Irpef a beneficio dei contribuenti che manifestano minore capacità contributiva, la prima proposta della Lapet è quella di introdurre una no tax area fino ad euro 10.000 e di estendere l’aliquota del 23% fino alla soglia di reddito di 28.000 euro. Il sistema sarebbe completato con altri due scaglioni di reddito, il secondo compreso tra 28.001 euro e 100.000, soggetto ad un’aliquota del 37%, ed il terzo ed ultimo scaglione, destinato ad accogliere i redditi superiori a 100.000 con un’aliquota del 42%. Dunque verrebbero ridotti a tre gli scaglioni d’imposta invece dei cinque attuali.
Per quanto riguarda, invece, il recupero della progressività all’interno dei singoli scaglioni e la riduzione dei salti d’imposta al variare di detti scaglioni, la proposta è rivoluzionaria e consiste nel dividere ogni singolo scaglione principale in sottoscaglioni, ognuno del valore di mille euro, all’interno del quale applicare un’aliquota marginale che è pari ad una frazione dell’aliquota marginale dello scaglione principale. Dunque mano a mano che il reddito cresce all’interno dello scaglione sarà soggetto ad un’aliquota via via maggiore, finché il reddito non sarà di ammontare tale da colmare l’intero scaglione ed allora sarà soggetto all’aliquota marginale dello scaglione stesso.
Da un punto di vista di adempimenti formali Falcone ha insistito per l’abolizione del 730 precompilato, il quale, presentato come una semplificazione, ha invece determinato un aggravio degli adempimenti a carico dei contribuenti e dei professionisti che li assistono. Proprio alla luce dell’infelice esperienza del 730 precompilato, il presidente ha colto l’occasione per esortare la Commissione a riconsiderare l’introduzione dei precompilati IVA.