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Lockdown: Aur, imprese umbre più ottimiste che a maggio 2020 A novembre 2020, in Umbria, lo stato di attività dell'impresa mostrava una situazione appena migliore di quella nazionale

di Alessandro Pignatelli
23/01/2021
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A quasi un anno dal primo lockdown, l’Agenzia Umbria Ricerche ha fatto un bilancio sulle conseguenze per le imprese e ha analizzato gli scenari a breve termine. Aiutandosi con un’indagine dell’Istat fatta tra ottobre e novembre 2020 sulle imprese con almeno tre addetti.

A novembre 2020, in Umbria, lo stato di attività dell’impresa mostrava una situazione appena migliore di quella nazionale: il 71 per cento delle aziende ha infatti fatto sapere di essere in piena attività, il 25 per cento di esserlo con limitazioni, il 4,4 per cento restante (contro il 7,2 per cento nazionale) di essere chiuso. Un’impresa su cento non prevedeva di riaprire.

Il 72 per cento degli intervistati – contro il 70 per cento italiano – ha detto di aver subito tra giugno e ottobre 2020 un calo di fatturato rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Il 47 per cento ha fatto sapere di aver subito un’oscillazione tra il 10 e il 50 per cento, per il 16 per cento il fatturato si è più che dimezzato, l’1,4 per cento ha dichiarato di aver avuto un fatturato azzerato. Per l’8 per cento delle imprese il calo è stato più modesto. Per un quinto del campione il risultato è stato stabile. C’è poi un 8,2 per cento di imprese che è riuscito a trarre vantaggio dalla situazione, vedendo aumentare le vendite durante la pandemia. Qui, in Italia, siamo al 10 per cento.

La situazione è dunque leggermente migliore rispetto al bimestre marzo – aprile, quando iniziò il lockdown. All’epoca, in Umbria, le imprese umbre con un calo del fatturato erano l’85 per cento (l’11,1 per cento aveva subito il totale azzeramento). Il 7,7 per cento aveva migliorato la situazione, il 7,2 per cento aveva visto il fatturato rimanere più o meno stabile. Distanziamento, limitazioni all’accesso della clientela e altre disposizioni anti-covid, per il 60 per cento degli intervistati, sono stati la causa del calo di fatturato. Il 43 per cento fa sapere invece che la causa è stata la diminuzione della domanda di beni e servizi a livello nazionale, e qui c’è anche la componente turistica.

Secondo le previsioni dicembre 2020 – febbraio 2021, due imprese su tre avranno un calo del fatturato. Per un quinto delle imprese il fatturato sarà più che dimezzato. Incertezza per il 16 per cento delle aziende, il 17 per cento prevede di non subire conseguenze negative. Spostando le previsioni a giugno 2021, il 38 per cento delle imprese umbre (contro il 34 per cento nazionale) prevede seri problemi di liquidità, il 36 per cento (32 per cento in Italia) è preoccupato per seri rischi operativi e di sostenibilità della propria attività. Il 40 per cento delle imprese prevede un calo della domanda locale oltre che di quella nazionale, compreso il turismo.

Rispetto alle dichiarazioni raccolte a maggio 2020, più imprese sono preoccupate dal possibile calo della domanda, mentre è più attenuata la preoccupazione per la capacità finanziaria e sulla sostenibilità dell’attività. Aumenta, seppure di poco, anche il numero di imprese che pensa di non subire gravi danni. L’Umbria grosso modo come l’Italia, dunque, seppure con qualche paura in più per liquidità e sostenibilità d’impresa.

Tags: AurCDELOCALImprese umbreLockdownUmbria
Alessandro Pignatelli

Alessandro Pignatelli

Giornalista professionista e scrittore, amante della carta stampata come del mondo digitale. Ho lavorato per agenzie stampa e siti internet, imparando nel mio percorso professionale a essere tempestivo, preciso, ma anche ad approfondire con vere e proprie inchieste. Con i new media e i social, ho inserito nel mio curriculum anche concetti come SEO, keyword, motori di ricerca, posizionamento.

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