Crollo dei consumi ,– 10,8 per cento, ossia perdita di 120 miliardi di euro rispetto al 2019, e covid porteranno alla chiusura di 390 mila imprese del commercio nel 2020. Tutto male, insomma, escludendo il settore alimentari. Le tante serrande giù non possono certo venire sostituite dalle 85 mila nuove aperture previste. Avremo dunque una perdita definitiva di circa 305 mila imprese (-11,3 per cento), 240 mila solo per la pandemia.
Secondo l’ufficio studi della Confcommercio, il tasso di mortalità delle imprese, rispetto all’anno scorso, è quasi raddoppiato per il commercio (dal 6,6 all’11,1%) e più che triplicato per i servizi (dal 5,7 al 17,3%). Tra i settori che hanno subito di più la tempesta troviamo abbigliamento e calzature (-17,1%), ambulanti (-11,8%) e distributori di carburante (-10,1%) nel comparto commerciale; nei servizi, invece, ecco le agenzie di viaggio (-21,7%), i bar e ristoranti (-14,4%) e i trasporti (-14,2%). La filiera del tempo libero, che comprende attività artistiche, sportive e di intrattenimento, registra la sparizione di un’impresa su tre.
Ci sono poi le partite Iva, che certo non possono sorridere. Si stima infatti la chiusura per circa 200 mila professionisti. Una catastrofe anche in questo campo, dunque.
“Il 2020 si chiude con un bilancio drammatico per il nostro sistema produttivo colpito dal covid. Quasi mezzo milione tra imprese e lavoratori autonomi potrebbe chiudere l’attività. Oltre all’indispensabile vaccino sanitario, c’è bisogno del vaccino economico, cioè indennizzi finalmente adeguati al crollo dei fatturati e l’utilizzo di tutte le risorse europee per rimettere in moto l’economia del nostro Paese”, ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.