Accorpamento Camere di commercio: imprese favorevoli

La fusione di due o più Camere di commercio è una buona idea. Lo pensano tre su quattro delle 400 imprese, interpellate da un sondaggio effettuato tra il 7 e l’11 settembre dall’Ipsos tra le 40 province interessate dall’accorpamento conseguente alla riorganizzazione delle Camere di commercio, decisa nel 2015.

Gli imprenditori che hanno visto la propria Camera di commercio unirsi a un’altra non hanno assistito a impatti negativi, gli eventuali cambiamenti sono stati migliorativi, più vantaggiosi per l’impresa per qualità e ampiezza dei servizi proposti, di capacità di risposta alle esigenze e per disponibilità di risorse economiche a disposizione del territorio.

I servizi camerali vengono promossi con un 8 in pagella (ma ci sono punte di 9-10 per il 29 per cento delle imprese), il 92 per cento degli imprenditori ritiene poi che la qualità dei servizi sia migliorata o sia rimasta invariata dopo l’accorpamento, a fronte di un 28 per cento che dice che la gamma dei servizi si è ampliata. L’unione tra Camere piccole ha portato vantaggi economici: il 36 per cento ha rilevato infatti un aumento dei contributi erogati, il 31 per cento una crescita dei bandi ai quali le imprese possono partecipare.

Per il 90 per cento degli intervistati l’accorpamento non ha portato complicazioni operative, non ha allontanato le Camere dal territorio e dai diversi sistemi produttivi locali. Anzi: la nuova Camera ha maggiore capacità di interpretare e soddisfare le necessità delle imprese (lo pensa il 35 per cento). Sempre un 35 per cento di imprese pensa che la crescita della Camera le permetta di accrescere il proprio ruolo nei confronti delle istituzioni, a supporto degli imprenditori.

Complessivamente, oltre la metà delle imprese riconosce nelle Camere di commercio, insieme alle associazioni di categoria, il soggetto che dà alle aziende il maggior numero di servizi. Il 54 per cento delle imprese intervistate si è rivolto alla Camera di commercio almeno una volta nell’ultimo anno e il 20 per cento ha utilizzato i servizi che sono stati offerti nel periodo del lockdown.

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