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Lucio Patoia: “La pandemia ha dimostrato come sia centrale Medicina Interna” Il primario di Medicina Interna all'ospedale di Foligno: "La telemedicina durante il Covid ha permesso di ridurre i rischi sia per pazienti che per personale sanitario"

di Alessandro Pignatelli
15/07/2020
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Quando è stato nominato direttore della struttura complessa di Medicina Interna dell’ospedale San Giovanni Battista di Foligno, si è parlato moltissimo di telemedicina e delle sue competenze in merito. Stiamo parlando di Lucio Patoia, che illustra come funziona la telemedicina e quali sono gli ambiti in cui viene applicata. 

“La telemedicina consente di trasmettere, per via telematica, a distanza dati sanitari. Da tempo la trasmissione di dati si utilizza in diversi ospedali per elettrocardiogramma, elettroencefalogramma, tac. Il mio progetto permette di eseguire in questo modo anche le visite a domicilio. È sufficiente stabilire via internet un collegamento audio e video e, tramite strumentazione apposita, è possibile,
registrare e trasmettere a distanza i seguenti parametri clinici: il polso, la pressione arteriosa, la saturazione in ossigeno del sangue periferico, auscultare cuore e torace tramite uno stetoscopio digitale e fare altre valutazioni cliniche, se necessario. L’utilizzo degli strumenti è molto facile dopo un minimo training di un familiare o della badante e sotto il diretto controllo visivo del medico specialista che guida dove posizionare lo stetoscopio per auscultare correttamente. I dati trasmessi devono naturalmente seguire un protocollo CE per la privacy dei pazienti, devono essere protetti dalla pirateria”.

“Al paziente viene consegnata una valigetta che contiene il kit con tutto il necessario per effettuare la televisita e registrare i parametri clinici. In questa maniera è possibile eseguire una vera e propria visita specialistica e, in accordo con il medico di medicina generale, confrontarsi in un teleconsulto tra specialista internista dell’ospedale e medico del paziente, per prendere in accordo le decisioni migliori per il paziente”.

Il progetto del dottor Patoia prevede di utilizzare le potenzialità offerte dalla Telemedicina per ridurre la durata dei ricoveri per patologie internistiche come ad esempio lo scompenso cardiaco, la polmonite, le infezioni di vario tipo, ed altre, in pazienti di età superiore a 70 anni. Sono questi infatti i pazienti che più rischiano le complicanze di un ricovero prolungato, quali le infezioni acquisite in ospedale ed il delirium cioè la confusione ed il disorientamento che fanno seguito al cambio di abitudini e di ambiente nelle persone anziane. Il tutto con un risparmio anche per il Sistema sanitario nazionale, il costo alberghiero di una giornata di ricovero è pari a 676 euro, e con minori disagi per le famiglie che debbono conciliare gli impegni di lavoro e personali con la necessità di visitare i propri cari anziani ricoverati in ospedale o di mettere una badante.

La telemedicina è dunque un validissimo aiuto e in futuro gli sviluppi sono molti: “Potremo effettuare in telemedicina anche visite specialistiche di altro tipo oltre a quelle di medicina interna: ad esempio alcuni tipi di visite dermatologiche o otorinolaringoiatriche, effettuare un’ecografia o un ecodoppler venoso tramite un infermiere. In tutti questi casi infatti si può registrare l’immagine di una lesione cutanea, o della faringe del paziente e inviare il file allo specialista in ospedale, oppure
registrare l’ecografia e farla refertare dal radiologo a distanza”. 

In tempi di COVID, la telemedicina è stata quanto mai fondamentale: “E’ essenziale per permettere il distanziamento sociale. Si può seguire un paziente COVID-positivo da casa, lo si può visitare e avere traccia di tutti i parametri, scoprendo se ci sono peggioramenti. Si riduce in questo modo il rischio dei contatti con i soggetti infetti sia per il personale infermieristico sia per quello medico, pur assicurando un monitoraggio attento e qualificato al paziente”. 

Lucio Patoia ci tiene a specificare che “la telemedicina non va a sostituire il contatto diretto tra medico e paziente, ma può integrarlo. Infatti può aiutare a mantenere un rapporto medico-paziente già instaurato in precedenza tramite contatto diretto, rendendo più facili le visite successive, specie nel caso di pazienti anziani che hanno difficoltà a muoversi. Naturalmente, bisognerà perfezionare la implementazione della tecnologia”. 

Si sono vissuti momenti difficili durante la pandemia anche a Foligno: “Era tutto nuovo. Il lavoro è stato impegnativo, per esempio l’organizzazione dei percorsi per chi era positivo e chi no al COVID. C’è stata sinergia tra 118, Pronto Soccorso, Medicina Interna, Pneumologia e Rianimazione. C’era tutto un percorso da gestire non solo dal punto di vista medico, ma anche umano. Gli ascensori riservati, l’isolamento. La sanificazione dei percorsi. La protezione del personale. C’era il contatto telefonico con i parenti, che non potevano vedere i loro cari”. 

Al’ospedale di Foligno venivano utilizzati monitor o telefonini per interloquire anche con i pazienti con il coronavirus: “Così veniva limitato l’andirivieni dal reparto, risparmiando anche sulle attrezzature e sui dispositivi di protezione. Ma naturalmente le visite, al mattino e alla sera, avvenivano di persona”. L’Umbria ha retto bene l’impatto: “Fortunatamente non abbiamo avuto carenze di alcun tipo”.

In tutto, Foligno ha avuto 150 casi sospetti e 30 casi accertati di coronavirus. “Nel periodo di massimo impatto, siamo comunque riusciti ad avere un reparto di rianimazione per chi era COVID-positivo e uno per tutti gli altri. Hanno sempre funzionato”. 

L’emergenza sanitaria ha posto in risalto l’importanza di Medicina Interna: “Gli ospedali del futuro dovranno essere sufficientemente forniti di competenze e di strumenti. Dovranno essere interdisciplinari. “Il COVID – conclude il dottor Patoia – ha evidenziato come serva medicina territoriale e ospedali medio-grandi che abbiano reparti e competenza. Gli ospedali piccoli non sono utili neanche per sostituire quelli grandi impegnati nelle emergenze”. Un ospedale flessibile, dunque, è ciò che serve: “E cosa c’è di più flessibile di Medicina Interna? Chi è capace di interagire con altri super professionisti se non questo reparto? In futuro Medicina Interna dovrà essere ancora più centrale di com’è adesso”.

Tags: CDEINTERVIEWFolignoLucio PatoiatelemedicinaUmbria
Alessandro Pignatelli

Alessandro Pignatelli

Giornalista professionista e scrittore, amante della carta stampata come del mondo digitale. Ho lavorato per agenzie stampa e siti internet, imparando nel mio percorso professionale a essere tempestivo, preciso, ma anche ad approfondire con vere e proprie inchieste. Con i new media e i social, ho inserito nel mio curriculum anche concetti come SEO, keyword, motori di ricerca, posizionamento.

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