Patologia tipica dell’età matura, l’artrosi cervicale colpisce milioni di individui in tutto il mondo, causa dolore cronico e in molti casi conduce anche alla disabilità. Come ci spiega il professor Vincenzo Albanese, neurochirurgo calabrese: una vita dedicata alla professione medica e didattica, con numerose competenze nella chirurgia della colonna vertebrale cervicale; attualmente è consulente libero professionista neurochirurgo presso case di cura e studi medici. «Nell’artrosi cervicale, patologia degenerativa la cui causa è sconosciuta, l’osso, la cartilagine e i tessuti dell’articolazione si deteriorano subendo delle deformazioni che vanno a ostruire il canale vertebrale occupato dal midollo spinale, quella struttura del sistema nervoso centrale che, attraverso i nervi spinali, trasmette informazioni agli organi e invia al cervello i segnali provenienti dal resto dell’organismo. Quando le deformazioni delle vertebre cervicali comprimono i nervi ecco che si presentano i sintomi, come l’alterazione dei movimenti e della sensibilità».
Postura sbagliata, eventi traumatici e cause sconosciute possono favorire l’insorgenza, pur non essendo la causa. I sintomi da tenere in considerazione si manifestano con alterazioni della sensibilità e dei movimenti fini delle mani e calo di forza in braccia, mani o alle gambe, fino ai piedi. Quando le semplici azioni si rendono difficili si deve sospettare un interessamento del midollo spinale cervicale: «Poiché l’artrosi provoca dolore si prescrivono farmaci antiinfiammatori e analgesici che leniscono la sofferenza. Durante la cura avvengono degli assestamenti, quindi dopo qualche tempo il dolore può scomparire: non perché l’artrosi sia regredita ma perché si è creato un equilibrio tra la causa di compressione del nervo e il nervo stesso; il paziente non ha disturbi, ma l’artrosi non è stata curata».
In quali casi si ricorre all’intervento? «Poiché i disturbi possono essere eclatanti e poi scomparire per un po’ è bene valutare la situazione: se i sintomi sono lievi l’operazione può essere procrastinata tentando prima le cure sintomatiche. Quando, invece, ci sono grosse difficoltà nei movimenti, nell’equilibrio, e l’attività relazionale del paziente è compromessa si ricorre alla microchirurgia, non prima di una visita medica accurata e di esami specifici».
La chirurgia dà grandi speranze: «L’intervento, eseguito per via anteriore, mira a decomprimere il midollo “limando” le ossa esuberanti deformate e spesso inserendo delle protesi. Un miglioramento significativo avviene nell’80% dei casi: all’Università di Catania abbiamo pubblicato dati interessanti di benefici stabili anche dopo 6 anni».
E per quel che riguarda un’altra grande malattia del nostro tempo, l’ernia al disco cervicale?
«È la patologia che la gente conosce di più, ma non tutti sanno che l’ernia al disco cervicale guarisce spontaneamente nel 70% dei casi. Quando si fa la diagnosi di ernia al disco cervicale bisogna aspettare, almeno che non ci sia un impedimento motorio corporeo, perché c’è un’alta probabilità che questa si risolva da sola».