L’Umbria dell’olio ha vissuto una delle peggiori stagioni a livello quantitativo. A confermarlo è Giulio Scatolini, docente dell’Università dei Sapori e responsabile dell’Unaprol Umbria. “Sono stati raccolti 38.250 quintali (contro una media degli ultimi cinque anni di 52.580 quintali, nda). Per la prossima raccolta, invece, ci dovrebbe essere il carico, ma ci sono state proprio nelle ultime ore alcune grandinate a macchia di leopardo che hanno danneggiato le piante, sia gli olivi sia le viti”.
L’emergenza sanitaria rischia di pregiudicare la prossima raccolta? Secondo Scatolini è presto per dirlo: “Il problema riguarda soprattutto questo periodo, per ottobre si spera che i lavoratori, anche quelli stranieri ed extracomunitari, possano venire. C’è una tradizione, che è viva anche in Umbria, che fa sì che tunisini o marocchini che si sono stabiliti da noi chiamino loro connazionali per la raccolta”. Quello che si può fare adesso, oltre che sperare che l’emergenza passi, è continuare nella vendita: “Chi aveva approntato un sito internet ha potuto in parte rientrare di ciò che ha perso con le mancate vendite fisiche, ha coperto le mancanze di incasso. Penso che l’online prenderà sempre di più piede. Del resto, quando ci sono grandi crisi, chi aguzza l’ingegno ha maggiori opportunità”.
Dall’Umbria all’ambito nazionale, che però riguarda anche la regione, con l’accordo che Tunisia e Spagna avrebbero raggiunto per spartirsi le presidenze del Coi, il Consiglio oleicolo internazionale, estromettendo ancora una volta l’Italia. A spiegare meglio cosa sta succedendo è sempre Scatolini: “Facciamo un passo indietro. Il Coi è stato fondato nel 1960 a Roma, è un organo di competenza dell’Onu. Legifera a livello mondiale sull’olio, in Europa poi trasformiamo le norme in leggi comunitarie. Secondo l’accordo del 1960, la sede doveva essere Madrid e il direttore esecutivo doveva essere italiano; così è stato finché non è andato in pensione Fausto Luchetti. Dopo questa era, la Spagna ha iniziato a fare accordi con la Tunisia, essendo due Paesi che pensano maggiormente alla quantità e non alla qualità dell’olio. E che vendono il prodotto a prezzi bassi”.
C’è un però: “All’ultimo rinnovo delle cariche, non si è fatto votare il delegato israeliano, cosa che potrebbe anche invalidare la consultazione. Un giochetto per fare fuori ancora una volta l’Italia. Va detto che noi siamo capaci di farci male da soli perché la situazione è stata facilitata da un empasse delle nostre associazioni agricole e del ministero. Non siamo stati in grado di imporci”. Ci sono, poi, gli industriali italiani, che sono più vicini agli interessi iberici che ai nostri. “L’Umbria non è particolarmente coinvolta in questa diatriba in quanto da noi la produzione è mediamente alta”.
Dalle diatribe europee e mondiali ai problemi italiani, come la Xylella: “Anche qui c’è stato un errore, una dimenticanza nostra. La Xylella è arrivata con alcune piante tropicali giunte dal Sud America che, a contatto con gli olivi, hanno portato all’infezione. Tramite la sputacchina, questa si è diffusa in tutto il Salento. Poi è arrivata la politica, quindi i magistrati, e la situazione è peggiorata. Ora sono arrivati finanziamenti importanti per abbattere le piante malate e reimpiantarne di nuove”.