Marchi storici in tempo di covid-19

“A partire dal 16 aprile è possibile richiedere l’iscrizione al registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale, come previsto dal Decreto direttoriale 27 febbraio 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 7 aprile 2020, che disciplina le modalità applicative per l’iscrizione, ad integrazione di era quanto stato previsto con decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 gennaio 2020”.

Lo precisa Leonardo Maria Seri, Avvocato of Counsel presso BMlex – Studio Legale associato Bacchini Mazzitelli a Milano, che si occupa di diritto industriale e della proprietà intellettuale, nazionale ed internazionale, e di diritto commerciale nazionale ed internazionale.

“L’iscrizione – prosegue nella nota Seri – ha durata illimitata e attribuisce al titolare la facoltà di utilizzare, per finalità commerciali e promozionali, il logo del marchio storico di interesse nazionale, in affiancamento al proprio marchio. La stessa può essere ottenuta presentando apposita istanza telematica all’UIBM corredata inter alia del pagamento di un bollo da 15 euro e, qualora si tratti di un marchio non registrato, dalla documentazione comprovante il suo uso effettivo e continuativo per almeno cinquant’anni (che può consistere ad esempio in campioni di imballaggi, etichette, listini prezzi, cataloghi, fatture, documenti di spedizione o esportazione, fotografie, inserzioni su giornali, dichiarazioni scritte e mezzi similari)”.

Stando al comunicato stampa pubblicato sul sito del MISE a seguito della presentazione del logo ufficiale, avvenuta a Milano il 13 gennaio scorso da parte di MISE ed Unioncamere: “[…] L’obiettivo di questo nuovo strumento che il Governo mette a disposizione delle migliori imprese italiane è quello di tutelare la proprietà industriale delle aziende storiche italiane, le nostre eccellenze, nella sfida verso la valorizzazione del Made in Italy, l’innovazione, la sostenibilità, la competitività internazionale” (cfr. https://www.mise.gov.it/index.php/it/198-notizie-stampa/2040652-presentato-a-milano-il-logo-del- marchio-storico).

La novità, introdotta con il Decreto Crescita nell’estate del 2019 (D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni, dalla Legge 28 giugno 2019, n. 58), prevede l’istituzione di un registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale, per tali intendendosi ai sensi dell’art. 11 ter del Codice della Proprietà Industriale (c.p.i.) “i marchi d’impresa registrati da almeno cinquanta anni o per i quali sia possibile dimostrare l’uso continuativo da almeno cinquanta anni, utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati in un’impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale”, corredato dell’istituzione del “Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale”, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, con la dichiarata finalità di salvaguardare i livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività produttiva sul territorio nazionale ex art. 185 ter, co. 1, c.p.i., rubricato “Valorizzazione dei marchi storici nelle crisi di impresa”.

“Lecito però chiedersi “valorizzazione” in favore di chi… Infatti, se la misura a prima vista sembra un’interessante operazione di marketing ed un bel tentativo di sostegno, con tanto di Fondo dedicato, al made in Italy ed alle eccellenze nostrane in un mercato competitivo e globale, ad un’osservazione più attenta dietro questa costruzione sembra celarsi qualcosa di più. Infatti, premesso che il Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale opera mediante interventi nel capitale di rischio delle imprese per espressa previsione normativa, la nuova disciplina prevede anche che qualora l’impresa titolare (o licenziataria esclusiva) di un Marchio storico di interesse nazionale intenda “chiudere il sito produttivo di origine o comunque quello principale, per cessazione dell’attività svolta o per delocalizzazione della stessa al di fuori del territorio nazionale, con conseguente licenziamento collettivo [la stessa dovrà] notificare al Ministero dello Sviluppo Economico le informazioni relative al progetto di chiusura o delocalizzazione dello stabilimento e, in particolare: a. i motivi economici, finanziari o tecnici del progetto di chiusura o delocalizzazione; b. le azioni tese a ridurre gli impatti occupazionali attraverso incentivi all’uscita, prepensionamenti, ricollocazione di dipendenti all’interno del gruppo; c. le azioni che intende intraprendere per trovare un acquirente; d. le opportunità per i dipendenti di presentare un’offerta pubblica di acquisto ed ogni altra possibilità di recupero degli asset da parte degli stessi” (art. 185 ter, co. 2, c.p.i.)”.

“Desta qualche perplessità la leggerezza con cui si impone alle imprese beneficiarie della misura un obbligo di comunicare informazioni che per loro natura sono riservate ed estremamente delicate, esponendo il fianco a fughe di notizie la cui circolazione può addirittura alterare le dinamiche di mercato, sotto più profili, ancor più in situazioni di crisi d’impresa. Perplessità a parte, è altresì previsto che, a fronte dell’informativa, il MISE avvierà un procedimento volto ad individuare gli interventi nel capitale di rischio dell’impresa, mediante le risorse del Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale. Ma se da un lato ciò svela il reale intento dell’istituto, ossia consentire un intervento diretto dello Stato alla prima occasione utile nel capitale di rischio di imprese che rappresentano eccellenze nazionali storicamente collegate al territorio nazionale e legate a marchi di lunga tradizione nel momento in cui le stesse volessero delocalizzare, dall’altro preoccupa apprendere che la violazione dei suddetti obblighi informativi comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro nei confronti del titolare dell’impresa (art. 185 ter, co. 4, c.p.i.). E ciò indipendentemente dal fatto che il marchio sia già stato iscritto nell’apposito registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale in quanto ai fini dell’applicazione degli obblighi informativi, quindi delle sanzioni in caso di violazione, è sufficiente che il marchio abbia, sulla carta, i requisiti per poter accedere a tale iscrizione (rectius, che il titolare o il licenziatario abbiano la facoltà di ottenere l’iscrizione del marchio nell’apposito registro speciale)”.

“Di certo – conclude Seri – si tratta di scelte che hanno natura squisitamente politica, su cui si può discutere e dibattere, ma che sembrano orientate ad affermare una forte presenza (se non ingerenza) dello Stato nelle dinamiche del libero mercato e che, col pretesto di sostenere l’eccellenza imprenditoriale italiana, sembrano essere in controtendenza rispetto ad una visione liberista del mercato. Resta da valutare per l’immediato futuro, con la fase 2 dell’emergenza Covid-19 alle porte e la crisi economica che si va profilando, se questo impianto normativo determinerà più vantaggi o più svantaggi per le imprese nostrane”.

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