Può l’antirazzismo diventare un Bene Comune, al pari di un immobile, di una piazza, di un parco?
La risposta di Torino, da anni impegnata su questo fronte, è sì.
In un momento come quello che stiamo vivendo, ansia e paura dovute al Coronavirus rafforzano odio e diffidenza verso “l’altro”. Lo sanno bene le persone di origine cinese e asiatica, vittime di attacchi razzisti nelle scorse settimane nel nostro Paese, così come lo sanno bene gli italiani e le italiane, discriminati adesso all’estero in quanto “untori”.
Questi attacchi razzisti lacerano il tessuto sociale e isolano gruppi e singoli individui, creando un diffuso senso di insicurezza. La risposta, quindi, deve essere sistemica, cittadina, comunitaria: l’antirazzismo deve diventare un tema su cui tutta la cittadinanza viene chiamata a raccolta e si unisce per prendersene cura.
Proprio per questo, la Giunta ha approvato oggi – in occasione delle celebrazioni per la Giornata Mondiale per l’Eliminazione della Discriminazione Razzista, che ricorre il 21 marzo – un Piano d’azione cittadino contro i crimini d’odio razzisti e lanciato una chiamata pubblica per un Patto di collaborazione sull’antirazzismo.
«Si tratta di una necessità sempre più impellente di fronte alla situazione globale fatta di muri, paura e diffidenza: recentemente abbiamo visto aggressioni a danni di cittadini e cittadine italo-cinesi durante le prime fasi della diffusione del Coronavirus e attualmente siamo noi italiani e italiane le vittime di episodi di discriminazione all’estero», dichiara l’Assessore ai Diritti Marco Giusta. «In un momento in cui angoscia e paura dominano, la creazione di un diverso da temere e odiare è un meccanismo sempre più diffuso ma nient’affatto naturale. Occorre rispondere andando oltre le semplici campagne di comunicazione e i progetti-pilota: occorre un Piano cittadino e uno sforzo congiunto di tutti e di tutte».
Attraverso la delibera, la Città di Torino – prima in Italia – riconosce quindi il patrimonio di conoscenze, azioni, buone pratiche antirazziste sviluppato nel tempo nella nostra città e lo dichiara Bene Comune. L’iniziativa è possibile in virtù del nuovo regolamento cittadino, recentemente approvato, che permette la gestione anche di beni immateriali.
In pratica, il Comune compie due passi: da un lato, approva un Piano d’azione cittadino contro i crimini d’odio razzisti, scritto nell’ambito del Progetto europeo G3P-R e che verrà implementato dal neonato Ufficio Diritti. Tre gli obiettivi su cui la Città si impegna a lavorare nei prossimi anni: aumento della conoscenza e della sensibilità al tema; costruzione di spazi per il dialogo facilitato e lo scambio di pratiche; costruzione di strumenti per favorire l’emersione e il contrasto al fenomeno.
Contemporaneamente, viene pubblicata una chiamata pubblica, con scadenza il 14 aprile, per tutti quei soggetti (istituzioni, privati, associazioni, realtà informali e di altra natura) che lavorano sul tema per sottoscrivere un Patto di collaborazione cittadino. Ogni interlocutore potrà portare i propri bisogni, le proprie competenze e le proprie progettualità a un tavolo comune, che servirà a coordinare gli sforzi, a co-progettare e a confrontarsi sulle priorità da adottare di anno in anno. «Utilizzare il Regolamento dei Beni comuni per stringere un Patto su pratiche immateriali è una scelta innovativa, che da un lato valorizza l’enorme patrimonio di competenze e pratiche della società civile e dall’altro crea un impegno – duraturo e di lungo periodo – dell’Ente pubblico su questo tema» conclude l’Assessore Giusta. «Si tratta di una “chiamata alle armi” per tutta la cittadinanza a confrontarsi e a lavorare insieme su un principio fondamentale, quello dell’uguaglianza».
I crimini d’odio sono reati motivati da pregiudizi basati sull’appartenenza (vera o presunta) della vittima a un particolare gruppo sociale, religioso, etnico, ecc. Non si tratta di reati specifici: possono essere atti di intimidazione, minacce, danneggiamenti, aggressioni, omicidi o qualsiasi altro delitto. Aggredire una persona per il suo orientamento sessuale, danneggiare le proprietà di una comunità religiosa per intimidirla, attentare alla vita di qualcuno per via del colore della pelle, sono tutti esempi di crimini d’odio.
La connotazione “d’odio” si applica ad azioni che sono reati di per sé: aggressioni fisiche, danneggiamenti, violenze sessuali e addirittura omicidi. Occorre quindi differenziare bene i crimini d’odio da altre azioni basate su pregiudizio che non costituiscono reato, come i discorsi d’odio (hate speech), gli insulti, le aggressioni verbali, le opinioni discriminatorie.
L’odio rappresenta un’aggravante in quanto tali crimini:
• rappresentano una forma estrema di negazione dei principi di eguaglianza e di responsabilità: la vittima viene colpita a causa della sua appartenenza (vera o supposta) a un certo gruppo, non di uno specifico comportamento;
• colpiscono le vittime per ciò che sono e non per ciò che fanno, inviando al gruppo di cui esse fanno (o si presume facciano) parte un messaggio di umiliazione e di paura;
• minano la coesione delle comunità, dividendo e contrapponendo i gruppi che le compongono, isolando le vittime e contribuendo a innescare una spirale di sfiducia, paura e violenza.
Nonostante l’azione delle Amministrazioni locali non possa sostituirsi né sovrapporsi a quella dello Stato, delle Forze dell’ordine e della Magistratura nell’azione di persecuzione e sanzione dei crimini, il contributo delle amministrazioni cittadine al contrasto ai Crimini d’odio è fondamentale in ottica di:
• prevenzione, attraverso l’accrescimento della consapevolezza dei crimini e la creazione e il rafforzamento di reti sociali atte a prevenirli;
• controllo e legalità, attraverso i corpi di polizia locali;
• supporto alle vittime, alle loro famiglie, alle loro comunità e associazioni di riferimento, attraverso le politiche interculturali, di pari opportunità e di coesione urbana e di quartiere.
Il Piano d’azione cittadino contro i crimini d’odio razzisti individua tre obiettivi specifici:
1. aumentare la conoscenza della natura dei crimini d’odio razzisti presso le comunità delle potenziali vittime e il resto della società;
2. costruire spazi per il dialogo facilitato e lo scambio di pratiche fra soggetti diversi al fine di condividere le conoscenze, rafforzare le competenze e aumentare la sensibilità del personale comunale, delle forze dell’ordine e della società civile al sostegno alle vittime;
3. costruire strumenti per favorire la denuncia dei crimini d’odio razzisti e rafforzare la capacità di perseguirli e sanzionarli.