Prima la rivoluzione industriale, poi quella post-industriale, quindi quella tecnologica. E ognuna ha avuto un impatto sul modo di lavorare e sui lavori. L’ultima ‘stagione’ è quella apertasi, il 9 gennaio del 2007, con il primo iPhone presentato al mondo dal visionario Steve Jobs. Gli esperti guardano avanti e pensano che, nei prossimi 20 anni, nei Paesi più avanzati solo il 20% dei lavori riguarderà il mondo operaio, il 30% quello impiegatizio, il 50% quello relativo al lavoro creativo con protagonisti i big data specialist, gli influencer strategist, i retail designer.
Andiamo a esaminare come potrà essere l’Umbria nel 2030, in base a queste previsioni. Ipotizzando gli stessi occupati del 2018, dunque 355 mila circa, riuscirà la nostra regione a dare un’occupazione creativa a 177.500 persone entro quella data? Diciamo un’altra cosa, che riguarda invece le regioni del Centro-Sud: si presentano fragili rispetto alle mutazioni del mondo del lavoro. Il motivo? Il poco investimento fatto su Ricerca & Sviluppo. Molte delle nostre aree rappresentano, per questo motivo, il fanalino di coda dell’Europa. Una triste realtà . Una sorta di binario morto.
Queste considerazioni sono state scritte da Giuseppe Coco, direttore dell’Aur, (Agenzia Umbria Ricerche) e vanno sotto il titolo di ‘Lavoro e mutazioni’.