L’Umbria è di nuovo sotto scacco. Dal punto di vista economico. Un peggioramento iniziato nella seconda parte del 2018 e proseguito anche quest’anno. A dirlo è il direttore della filiale della Banca d’Italia di Perugia, Nicola Barbera: “Il 2015 e il 2016 facevano sperare in un’evoluzione diversa, ma ora siamo decisamente in fase di rallentamento”.
Situazione che sta investendo in particolare le imprese, che hanno smesso di fare investimenti, mentre le famiglie rimangono ancora ottimiste, anche grazie al calo della disoccupazione. Ma i cicli economici dicono questo: si comincia con la crisi, poi si passa ai posti di lavoro e ai conti correnti dei consumatori.
Il Rapporto sull’economia dell’Umbria ci dice che nel 2018 “l’attività economica umbra ha continuato a crescere a un ritmo basso, ancora inferiore a quello dell’Italia (+0,9%); la regione è tra le più colpite dalla crisi economica e finanziaria e fa fatica anche a iniziare la ripresa”. A causare questo freno “la bassa produttività del lavoro e il contenuto grado di innovazione delle imprese”. Nel 2018 il Pil è rimasto positivo, ma per il 2019 si temono numeri peggiori. Paolo Guaitini, coordinatore del gruppo di Bankitalia che ha steso il Rapporto, dice: “Non abbiamo ancora stime ufficiali, ma il quadro è peggiore dell’anno scorso. I segnali sono molteplici”.
Eccoli: “L’export del primo trimestre ha azzerato la crescita. Il quadro internazionale deteriorato crea incertezza e rallenta gli investimenti”. Nel 2018 l’agricoltura ha retto dopo due anni negativi. Più preoccupante la situazione dell’industria, “in progressivo rallentamento dopo il calo degli ordini registrato nel secondo semestre, concentrato tra le piccole imprese”. Gli indicatori hanno mantenuto il segno ‘più’, ma i numeri sono decisamente in discesa: produzione +1% (contro +2,7% del 2017), ordini +1.2% (3,3%), fatturato +2,1% (+3,1%). A trainare è ancora l’export (+8,7% contro il +6,1% dell’anno prima), che anzi accelera con la spinta della siderurgia, tornata ai livelli del 2013 dopo anni difficili. Bene l’esportazione di mezzi di trasporto (che però nel primo trimestre 2019 precipita a un -23%), di abbigliamento e agroalimentare. Ma il segnale della fin dell’ottimismo è la diminuzione importante (-8,3%) della spesa per investimenti industriali.
Dopo un decennio difficile, rivede la luce l’edilizia, che registra lievi segnali di recupero. Soprattutto grazie al mercato immobiliare, che cresce con prezzi che continuano a scendere. Il commercio (-1,2% di vendite) risente “della modesta dinamica dei consumi delle famiglie”, in crescita dello 0,6%. Soffrono in particolare i piccoli negozi. Numeri invariati rispetto al 2017 per il turismo, ma con la conferma del recupero pieno rispetto alla situazione pre-sisma. Bankitalia segnala “una ridotta capacità di intercettare la straordinaria espansione dei flussi turistici mondiali”.
Vanno poi colti due segnali in controtendenza. Il mercato del lavoro, con un calo del tasso di disoccupazione al 9,2% nel 2018, con una crescita di contratti a tempo indeterminato; la fiducia delle famiglie umbre, che vedono la situazione economica leggermente migliorata: il reddito a disposizione ha avuto un +0,7%. Si è però allargata la povertà assoluta: 9,3% delle famiglie contro il 6,9% nazionale.
Chiudiamo con la dinamica del credito, cresciuta per le famiglie, calata per le imprese (-0,9%), con un irrigidimento nell’offerta nella seconda parte del 2018. Migliorata la qualità del credito, con flusso di nuovi crediti deteriorati sceso al 2,7%. Si è arrestata, dopo cinque anni di buoni risultati, la crescita dei depositi bancari. E con la finanza pubblica: nel 2018, la spesa corrente degli enti è salita dell’1,8%, con la sola componente della spesa del personale incrementata del 2,8%. La spesa in conto capitale ha avuto una crescita dell’8,4%, con la spunta della spesa dei fondi comunitari. È proseguita la riduzione del debito: -5,1% contro il -2,1% nazionale.