L’Umbria stenta a riprendersi dalla crisi economica. In un decennio, si è perso il 15,6 per cento di Pil reale regionale per una contrazione media annua – dal 2007 al 2017 – dell’1,7 per cento. Vale a dire, più del triplo della diminuzione su scala nazionale. Così, il Pil pro capite umbro va sempre di più allontanandosi dalla media nazionale. Nel 2017 si è toccato il massimo della distanza, sfiorando i 15 punti (erano 4,4 nel 2007, posta l’Italia uguale a 100). Nel 2017, a ogni umbro sono spettati 24.326 euro correnti di reddito prodotto contro i 28.494 di media nazionale.
Riassumendo, in Umbria si produce sempre meno reddito. E la popolazione cala e diventa più vecchia, C’è poco da stare allegri, insomma. Passando, però, dall’osservazione del reddito che si genera all’interno di un territorio per effetto dei meccanismi produttivi che lo caratterizzano a quello che ne consegue dopo gli esiti redistributivi, il nero diventa se non altro grigio. Vediamo come. Il reddito disponibile pro capite delle famiglie consumatrici umbre, anche se sempre inferiore a quello medio nazionale (fino al 2013 era invece un po’ più, alto), mostra una distanza molto più contenuta (2,5 punti) rispetto a quanto rilevato per Pil unitario.
Perché accade ciò? Perché il reddito di una famiglia ingloba anche l’esito delle operazioni che la stessa compie, anche al di fuori del territorio di residenza, ma soprattutto perché i processi redistributivi favoriscono l’Umbria in due maniere: rispetto alla media nazionale pesa relativamente meno il sistema fiscale e incide relativamente di più, quello delle prestazioni sociali. Non a caso, per molti anni l’Umbria è stata l’unica regione, in tutta Italia che, da un reddito primario pro capite inferiore alla media nazionale, dopo il processo redistributivo finiva per superare il Paese in termini di reddito nazionale. A partire dal 2014, però, anche il reddito delle famiglie consumatrici umbre ha finito per contrarsi, finendo sotto a quello nazionale: 18 mila euro correnti nel 2017, in Umbria, contro i 18,5 mila dell’Italia.
Se poi il reddito disponibile viene osservato secondo un’ottica distributiva, l’Umbria presenta una situazione strutturalmente più favorevole di quella italiana, grazie alla più equa distribuzione che, per tradizione, caratterizza la regione. Così, il reddito mediano annuale, ovvero quello che divide a metà le famiglie, ordinandole dalla più povera alla più ricca, è di 31.004 euro contro 29.778 dell’Italia (dato del 2016). Un ruolo importante lo giocano il sistema delle prestazioni sociali e del trasferimenti pubblici. La tipologia di famiglia, la cui fonte di reddito principale è rappresentata da pensioni e trasferimenti pubblici, in Umbria può disporre di un reddito mediano di 23.170 euro correnti (20.713 euro in Italia), secondo nella graduatoria regionale solo all’Emilia Romagna (24.693 euro). Dato che assolutamente non va sottovalutato, considerato che questo tipo di famiglie rappresenta, in Umbria, il 41 per cento del totale contro il 39 per cento italiano (36 per cento in Emilia Romagna).
La funzione delle pensioni è stata dunque strategica in questi anni, in particolare in regioni ad alto tasso di invecchiamento, come l’Umbria. La popolazione più anziana ha potuto contare su un certo introito, perdendo il triste primato di categoria sociale più povera. I trasferimenti pubblici hanno in parte compensato la mancanza di produttività e una configurazione demografica sempre più sbilanciata. Lo scenario che si prefigura risulta comunque economicamente e socialmente insostenibile perché l’Umbria invecchia e l’effetto dipendenza andrà ampliandosi di fronte a un sistema delle pensioni che invece fa fatica.