“Come si sta chiudendo il 2018 per l’economia e l’occupazione nel Perugino? Direi non bene”. A parlare è Filippo Ciavaglia, segretario generale della Cgil di Perugia, che elenca le tre principali criticità della provincia: “Ci sono tre comun denominatori per tutti i territori: spopolamento dell’area, la condizioni economica con una crescita pari a zero, vale a dire che siamo in una fase di stagnazione. Penso che ormai sia sbagliato parlare di crisi. E poi il welfare familiare, serbatoio tipico per tutta l’Umbria, ammortizzatore sociale che spesso è venuto in aiuto. Credo che questo punto sia quello su cui si debba riflettere maggiormente. Non c’è più la nonna che può pagare la bolletta al nipote”. Non solo: “La natalità è ferma e, in provincia di Perugia, i dati sulle pensioni sono anche più bassi che nel resto d’Italia. Insomma, le proiezioni sono drammatiche: i nuovi pensionati saranno più poveri di una volta”.
Si passa poi ad analizzare i tanti territori in cui si divide il Perugino. “I due casi più gravi riguardano la fascia appenninica e lo Spoletino. Nella prima vivono 60 mila persone, nell’altro 30 – 40 mila. Stiamo dunque parlando di una popolazione di circa 100 mila abitanti – sui 600 mila complessivi dell’Umbria – in grande difficoltà. A Spoleto è la deindustrializzazione ha raggiunto il fondo, dai nostri dati 500 persone sono a rischio di perdita del lavoro. L’Appennino ci pare una situazione irrecuperabile, anche se noi speriamo sempre di riuscirci, con la crisi Merloni, con 300 dipendenti a rischio, con lo spopolamento in atto”.
Il Lago Trasimeno: “Il turismo non si risolleva nonostante vari sforzi da parte dei singoli comuni. Servono interventi consistenti a livello regionale. E poi qui una volta c’era Enel, oggi ben lontana dai fasti di un tempo”. Sulla Valnerina, “è sufficiente dire che il terremoto ha creato spopolamento, lasciandosi dietro macerie in tutti i sensi”. Ci sono anche settori che fanno sperare: “Tipo la robotica in Alta Umbria, il settore automotive. Ci sono parecchie aziende che stanno andando bene, ma il discorso si sposta sulle multinazionali. Come quelle aerospaziali, che riguarda sia il settore militare sia quello civile. I risultati ci sono, le imprese funzionano. Resta il fatto che stiamo perdendo una generazione di imprenditori pronti a scommettere e a rischiare, quelli che hanno sempre mandato avanti l’economia umbra”.
Il settore pubblico è un altro cruccio di Ciavaglia: “Siamo in ritardo sui rifiuti e sul completamento della filiera. Se non riusciamo a fare qualcosa, rischia di esplodere una bella bomba. Nel settore pubblico, poi, continua a esserci il problema degli accorpamenti: ci sarà o non ci sarà? Avremmo maggiore efficienza”. Dice ancora il segretario provinciale della Cgil: “Crediamo che le risorse che arriveranno o che sono già arrivate possano essere sfruttate bene. Parlo dei fondi per la ricostruzione post-terremoto, dei fondi europei, dell’Industria 4.0, delle tre aree interne che abbiamo sulle 72 italiane, dove si può investire per ripopolare”.
Non si può non toccare anche il tasto di Perugia capoluogo: “Non ci sono più le grandi aziende, come la Perugina che dava lavoro a mille persone. Ci sono notevoli difficoltà per le infrastrutture stradali. Perugia è il capoluogo di regione, è sede di istituzioni. Noi contestiamo il dialogo che manca su tasse e tariffe. Si potrebbe per esempio applicare un’ulteriore progressività, sforando il limite Irpef. Nel segno dei redditi diversi e del contributo diverso che ognuno può dare. Per esempio, non viene applicata l’ultima aliquota su redditi oltre i 200 mila euro, che riguardano un buon numero di contribuenti, 2.400 secondo i nostri dati: sarebbero 3-4 milioni di risorse in più sfruttabili. Il Defr approvato in Consiglio regionale è criticabile. Manca una progettualità per il futuro, manca la voglia di riprendere a scommettere”.
Il settore della sanità? “Le liste di attesa sono troppo lunghe, occorre un monitoraggio più attento. Abbattiamo i tempi, facciamo innovazione, non deleghiamo tutto al pubblico. E poi c’è una preoccupazione contrattuale da parte della Cgil. La nostra battaglia è per una legge sulla rappresentatività dei contratti nazionali. Altrimenti, tutti la mattina possono svegliarsi e firmare un contratto facendo finta di essere un sindacato. Ci battiamo per modificare lo Statuto dei lavoratori, che risale al 1970. Ma oggi le condizioni sono ovviamente cambiate”.
Abbiamo tralasciato alcuni territori, Gubbio, Città di Castello e Todi – Marsciano. Così Ciavaglia: “A Gubbio c’è il settore del cemento che tiene, anche se ci sono difficoltà. Il turismo tiene. Città di Castello è agganciabile alle zone che hanno retto”. Sulla zona Todi – Marsciano, si apre un breve capitolo: “Stiamo parlando di un territorio in cui le piccole imprese sono in grave difficoltà e sono quelle che più rappresentano questa porzione di Umbria. Come per altre zone, notiamo segnali di ripresa da parte del turismo che ci fanno sperare”. Per tutto il Perugino, però, pesa la spada di Damocle dei collegamenti, dell’intasamento di traffico: “Nel Defr non si parla della Orte – Falconara, delle Tre Valli, della Perugia – Ancona. Sulla Quadrilatero, tra un fallimento e l’altro, dobbiamo cercare di portare a casa la conclusione dell’opera. Vorrebbe dire avere Foligno a 40 minuti dal mare e viceversa”.