Un team di ricercatori italiano ha individuato l’alterazione che determina il Parkinson nella fase iniziale della malattia. A subire un mutamento è la struttura che sovrintende all’apprendimento motorio e tale cambiamento è dovuto all’eccesso della proteina alfa-sinucleina, il cui accumulo porta poi in fase avanzata alla morte dei neuroni dopaminergici e alla manifestazione della malattia. Lo studio, che è stato realizzato da Elvira De Leonibus (Istituto di genetica e biofisica del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli e Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli), Barbara Picconi (Fondazione Santa Lucia IrccsI) e Paolo Calabresi (Università di Perugia) con i finanziamenti della Fondazione con il Sud e del Miur, è stato pubblicato sulla rivista Brain.
“Nel nostro studio abbiamo scoperto, in modelli animali, che l’esercizio motorio lascia un segno per giorni nei neuroni dello striato (la sede cerebrale dell’apprendimento motorio, ndr). Se applichiamo uno stimolo elettrico ai neuroni dello striato di animali non addestrati, questi danno una risposta inibitoria; se lo stesso stimolo è applicato ad animali sottoposti alle prime sessioni di apprendimento, i neuroni rispondono eccitandosi e questo li rende riconoscibili e consente di perfezionare i movimenti appresi. Tuttavia, una volta che l’esercizio motorio viene acquisito alla perfezione e il movimento viene effettuato automaticamente, i neuroni tornano a dara una risposta inibitoria allo stimolo elettrico” spiega la coordinatrice del team di ricerca De Leonibus.
L’attenzione dei ricercatori si è focalizzata su questa forma di memoria cellulare nella malattia di Parkinson, i cui sintomi (tremori a riposo e lentezza nei movimenti) indicano la morte di un particolare tipo di cellule che porta allo striato la dopamina. “Oggi sappiamo che l’aumento nella produzione della proteina alfa-sinucleina può da sola portare alla morte dei neuroni dopaminergici e, quindi, allo sviluppo della malattia. I ricercatori hanno quindi inserito all’interno delle cellule che producono dopamina il gene dell’alfa-sinucleina umana, in modo che questa venisse prodotta in quantità spropositate nelle cellule che rilasciano dopamina nello striato, determinandone la morte – prosegue la ricercatrice dell’Igb-Cnr -.Si è visto così che molto prima di arrivare alla morte l’eccesso di alfa-sinucleina impediva agli animali di effettuare automaticamente i movimenti appresi. Questi risultati identificano per la prima volta una manifestazione clinica molto precoce nell’apprendimento motorio che precede la morte dei neuroni nella malattia di Parkinson. È quindi un campanello d’allarme utile per la diagnosi precoce e per lo sviluppo di nuove terapie che, se somministrate subito, possono prevenire o rallentare la morte dei neuroni”.
Fondamentale per capire le primissime modificazioni biologiche legate allo sviluppo del Parkinson la comprensione di come l’eccesso di alfa-sinucleina impedisce la formazione della memoria cellulare. “Abbiamo visto – afferma De Leonibus – che l’eccesso di alfa-sinucleina preveniva la formazione della memoria cellulare riducendo drasticamente la quantità del trasportatore della dopamina, una sorta di controllore dei punti di contatto tra diversi neuroni, e quando i livelli di questo trasportatore si riducono tutte le vescicole di dopamina rilasciate disturbano il corretto scambio di informazioni tra le cellule nervose e, dunque, la formazione della memoria motoria. L’identificazione di bassi livelli del trasportatore della dopamina in questo stadio precoce, quando ancora non c’è neurodegenerazione, è perciò un aspetto molto rilevante per la diagnosi della malattia. I risultati di questa ricerca suggeriscono che bassi livelli del trasportatore non necessariamente indicano la morte dei neuroni dopaminergici, ma possono invece indicare una sinucleinopatia, un’ipotesi diagnostica che merita approfondimenti mirati con indagini genetiche e prelievo di liquor, al fine di prevederne l’evoluzione”.