AUR&S, la rivista semestrale dell’Agenzia Umbria Ricerche, promuove un ciclo di seminari per riflettere su come sta cambiando l’identità dell’Umbria. Ogni incontro rappresenta una ideale porta di accesso per tentare di cogliere i principali tratti del mutamento in corso. Il primo seminario, tenuto il 14 luglio sul tema Identità umbra e immaginario collettivo, è stato l’occasione per approfondire il modo in cui il nostro territorio viene percepito all”interno e all’esterno dei propri confini. Una seconda iniziativa, che si svolgerà il 5 ottobre prossimo in concomitanza con l’uscita del nuovo numero della rivista, si incentrerà su Identità umbra e carisma dei luoghi. Ne parliamo con Mauro Casavecchia, responsabile dell’area Sviluppo locale e innovazione dell’Agenzia Umbria Ricerche.
Il patrimonio culturale della nostra regione è un fattore identitario?
L’Umbria, per la sua storia, ha un’identità composita, legata alla frammentarietà dei suoi insediamenti. Eppure esistono alcuni caratteri che concorrono a definire un’identità unitaria dell’Umbria, a partire dal patrimonio culturale e paesaggistico. Un patrimonio ricco e distribuito che, insieme al tessuto produttivo legato alla cultura e alla qualità del territorio, ci consente di posizionarci in prima linea tra le terre della “grande bellezza”, quelle in cui – secondo l’Istat – la dotazione culturale e paesaggistica si coniuga al meglio con le tradizioni artigianali e imprenditoriali legate alla cultura. In tutta Italia ci sono solo 70 sistemi locali che rispondono a questi standard e ben 7 di questi si trovano in Umbria. Come sa chi gira per i nostri borghi e per le nostre aree naturali, si potrebbe dire che siamo la regione italiana in cui cultura e bellezza sono più capillarmente diffuse.
Lei parla di cultura come motore di sviluppo. Vale anche per l’Umbria?
È ormai riconosciuto il prezioso ruolo che il patrimonio storico, artistico, architettonico, materiale e immateriale gioca come fattore qualificante di un luogo. Tuttavia ormai abbiamo anche imparato che la competitività di un territorio non dipende solo dalla dotazione di risorse, quanto e soprattutto dalla capacità di mobilitarle e metterle a frutto. Il sistema produttivo culturale e creativo pesa in Umbria il 5,1% sul totale dell’economia e occupa 21.000 addetti in 4.000 imprese. Numeri importanti ma ancora lontani dal potenziale per una regione che voglia davvero qualificare il proprio modello di sviluppo spingendo sulla leva culturale.
Esiste una ricetta?
Non esistono formule magiche. Se abbiamo a cuore la sostenibilità del nostro sviluppo, dovremmo però cercare di trarre maggiore valore dalle nostre risorse. I territori che altrove, in Italia e in Europa, si sono cimentati con successo nella sfida di attivare un processo di sviluppo basato sulla cultura sono riusciti a produrre crescita economica e del capitale umano degli abitanti, rigenerazione urbana dei luoghi, rivitalizzazione del patrimonio identitario. Occorre una strategia orizzontale, che tenga insieme cultura e creatività in un’ottica sistemica, coinvolgendo istituzioni, attività produttive e cittadinanza.