“Il sommerso nel turismo è un fenomeno fuori controllo anche nella provincia di Terni”. A dirlo sono i numeri di Federalberghi Umbria Confcommercio, raccolti grazie al contributo tecnico di Incipit Consulting. Quella ternana è una realtà sempre più inquinata da un fenomeno che danneggia le imprese turistiche tradizionali e coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza. “Con gravi conseguenze per i consumatori, per la collettività, per il mercato”.
Secondo i dati Istat, ad aprile 2017, nella provincia di Terni ci sarebbero 600 esercizi extra alberghieri. Su Tripadvisor, però, se ne contano 1.134, 1.023 sul portale Airbnb (erano rispettivamente 773 nel 2015 e 517 nel 2014). “Difficile dunque stabilire quando pesa la ‘shadow economy’ sul territorio. Certo è che, a ricavi che facilmente si immaginano consistenti, non corrispondono apporti equivalenti in termini di contributi erariali e di sostegno a occupazione e reddito”.
Federalberghi Umbria Confcommercio commenta il nuovo testo unico del turismo della Regione Umbria: “Ha accolto solo in parte le nostre richieste di emendamento, finalizzate a limitare l’ingiustificata disparità di trattamento e l’entità degli oneri a carico di chi è titolare o gestore di una struttura ricettiva rispetto a chi mette a disposizione alloggi tramite locazioni. Inoltre, il decreto che assegna ai portali il compito di prelevare alla fonte la cosiddetta cedolare secca, da noi fortemente sostenuto, è una soluzione positiva ma non sufficiente, che dovrà essere integrata con altre misure di tutela del consumatore, per esempio in materia di igiene e sicurezza, di pubblicità ingannevole e di trasparenza”.
Dice ancora l’organizzazione: “In Umbria, e a livello nazionale, sono stati fatti piccoli passi in avanti nell’arginare la concorrenza sleale del turismo, ma la strada è ancora lunga. E non sempre è facile dimostrare che l’economia della condivisione è fasulla. Per questo motivo, Federalberghi ha censito le strutture parallele che vendono camere sui principali portali e mette i dati a disposizione delle istituzioni per il confronto, si auspica anche a livello comunale, che parte da fatti certi”.
I dati della provincia di Terni, dove gli annunci su Aribnb sono aumentati da dicembre 2017 ad aprile 2017 del 32,34%, dimostrano che non si può parlare di sharing economy, ma di shadow economy. Non si tratti, infatti, di alloggi condivisi: il 76,15% degli annunci sul portale Airbnb è riferito ad appartamenti interi, disabitati. Non si tratta di attività occasionali: l’84% degli alloggi è in vendita per oltre sei mesi l’anno. Non si tratta di piccoli redditi: il 55% è pubblicato da host che gestiscono più di un alloggio. “Per esempio, una certa Laura ne gestisce 12, Anna 10, Guido altri 10 e così via”.
In provincia di Terni, il Comune più interessato dal fenomeno è Orvieto. Ad aprile 2017, Airbnb riporta 208 inserzioni, +22,35% su dicembre 2015. Sul totale degli annunci, il 72,12% si riferisce ad alloggi interi, l’83,65% sono disponibili per più di sei mesi; il 60% è pubblicato da host che mettono in vendita più di un alloggio. Amelia è il secondo Comune per rilevanze del fenomeno del sommerso nel turismo. Ad aprile 2017, il portale Airbnb riporta 120 inserzioni: +34,8% su dicembre 2015. Sul totale, l’80% è riferito a intere abitazioni, l’87,5% sono a disposizione per più di sei mesi, il 58,3% delle inserzioni è di host che vendono più di un alloggio.
Al terzo posto troviamo Terni: ad aprile 2017, Airbnb riporta 103 inserzioni, +51,47% su dicembre 2015. Sul totale degli annunci, il 65,05% è di intere abitazioni, il 76.7% è disponibile per più di sei mesi, il 78,64% è pubblicato da host che mettono in vendita più di un alloggio. Crescita anche a Narni: ad aprile 2017, 85 inserzioni Airbnb. Siamo a +57,40% su dicembre 2015. Sul totale degli annunci, il 65,70% si riferisce a intere abitazioni, l’87,06% sono disponibili per più di sei mesi, il 42,35% degli host mette in vendita più di un alloggio.