L’editoria italiana tra luci e ombre

L’editoria libraria italiana è uno di quei settori che ha conosciuto una forte crisi in leggero ritardo rispetto agli altri comparti. Un settore da alcuni definito erroneamente anticiclico, visto che i problemi sono di natura strutturale e legati perlopiù al bacino scarso di lettori (un italiano su due non legge alcun libro in un anno).

I dati della società di studi statistici Nielsen presentati pochi giorni fa a Roma in occasione della Fiera della piccola e media editoria fotografano comunque una realtà sfaccettata, che vede accanto al parziale successo delle promozioni e delle strategie tese a vendere libri a pacchetto, ovvero due, tre libri insieme in un’offerta cumulativa, una diminuzione globale delle vendite di libri del 3,2%.

Il segno meno però non deve spaventare visto che il fatturato delle case editrici è cresciuto anche se modestamente dello 0,2%, il che significa che si sono venduti meno libri ma a un prezzo più caro rispetto al 2015.

Un’altra sorpresa riguarda il peso delle case editrici. Dopo gli anni delle grandi concentrazioni editoriali (non ultima quella che ha riguardato la galassia Mondadori e Rizzoli), tornano in primo piano le piccole e medie case editrici, quelle il cui fatturato non supera i 15 milioni all’anno. Queste realtà sono mediamente cresciute un po’ di più (+7,6%) mentre le grandi realtà editoriali vedono ancora un segno meno piuttosto pesante.

Tra i generi più venduti nel 2016 figurano la narrativa italiana, i libri di cucina e sulle diete, quelli per bambini e ragazzi.

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