Fiat Chrysler ha acquistato 545 milioni di dollari di ‘crediti ecologici’ negli Stati Uniti. Cosa sono? Una sorta di ‘indulgenza’, che permette alla casa italo-americana di compensare un livello di emissioni di Co2 fuori target, il più alto tra i costruttori generalisti.
Fca ha potuto acquistare crediti grazie al programma gestito dall’Epa, l’Environmental protetcion agency, l’agenzia americana per l’ambiente. La cifra si ricava dal bilancio trimestrale, a settembre 2015, da parte di Fca Us Llc. I ‘regulatory credits’, così come l’avviamento, sono considerati asset ‘non materiale’, ammortizzabile in sette anni. Nel 2014, Chrysler si è rifornita soprattutto da Tesla, l’azienda di auto elettriche, per 310 milioni di dollari.
Secondo il report di Epa, l’anno passato Fca è stato l’unico grande costruttore a servirsi dei crediti ecologici. Tra i venditori, oltre a Tesla, ci sono Toyota, Honda e Nissan. La normativa sulle emissioni di Co2 è del 2010: chi produce veicoli più grossi e Suv ha il permesso di produrre maggiore emissioni. La curva dei limiti viene però abbassata ogni anno. Chi supera questa barriera, può acquistare crediti, ovvero diritti a inquinare, da produttori più virtuosi.
Nel 2014, Fiat Chrysler ha emesso un valore medio di Co2 pari a 346 grammi per miglio (216 grammi/chilometro), che scendono a 309 grammi grazie a una serie di crediti ecologici acquistati (la produzione della Fiat 500 elettrica, per esempio). I 309 grammi sono esattamente il limite di legge fissato dall’Epa. Ford ne ha prodotti invece 289 (grammi/miglio), General Motors 288. Il valore medio è di 294 grammi/miglio.
A fine 2004, il gruppo Fca disponeva di crediti per 13,7 milioni di tonnellate di Co2, di cui 8,2 acquistati sul mercato. Fca si trova in fondo alla classifica delle emissioni a causa dei Suv e dei pick up, che sono veicoli più grossi e quindi inquinanti.